I gay scendono in piazza per fondare un partito

A Genova la parata dell’orgoglio omosessuale. Mancuso di Arcigay: "Puntiamo a diventare un soggetto politico". Presenti alcuni esponenti di centrodestra: "Regolamentiamo le unioni e non lasciamo alla sinistra il monopolio"

I gay scendono in piazza per fondare un partito

Genova «Sobrietà nell’abbigliamento», sentenzia Repubblica.it, il sito del giornale più moralizzatore della politica italiana raccontando la diretta del Gay Pride di Genova. È l’investitura del nuovo partito che sta per nascere, come auspicato e annunciato da Aurelio Mancuso, presidente di Arcigay. Ora si può fare. Con buona pace di tutti quei politici di centrodestra ma soprattutto di sinistra che ieri erano sui carri a sfilare per Genova tendendo la mano al consenso (e ai voti) omosessuali.
Piume, paillettes e nudi più o meno integrali sono ora autorizzati a conquistare Montecitorio senza che nessuno si scandalizzi. Anche perché gli slogan sono quelli politicamente corretti. Tutti rigorosamente contro Papa e Papi. La presenza dell’immancabile don Andrea Gallo, abbracciato e sbaciucchiato da trans e lesbiche mentre «scomunica» Mara Carfagna e nega l’assoluzione alla Chiesa «che tentenna» di fronte al Gay Pride, garantisce al movimento quella giusta dose di fanghiglia cristiana che basta e avanza per dimenticare i cartelloni tipo «Condom uguale vita, Papa uguale Aids» dedicati al papa «Nazinger».
È una discesa in (via del) campo, con tanto di citazioni di De André, la marcia su Genova di ieri. Mancuso ribadisce la necessità di «entrare in politica», di «diventare un soggetto politico». Insomma, di andare oltre il semplice concetto di lobby. Quello di fondare un partito gay e lesbo è «un pensiero che si sta ponendo» per gli stessi organizzatori della sfilata. Tanto che, aggiunge il presidente di Arcigay in un’intervista al Secolo XIX, «entrambi gli schieramenti hanno mostrato interesse. Ma ci vogliono credenziali di credibilità. Ed entrambe le alleanze non danno grandi garanzie». Insomma, meglio andare da soli che fare accoppiamenti politici contro natura, perché «certe posizioni non sono convenienti in politica».
Per il momento meglio accontentarsi e fare tesoro della massiccia presenza di assessori e consiglieri di maggioranza del Comune di Genova e delle ripetute prese di posizione dei gay di centrodestra. «Siamo qui per lottare per i nostri diritti e per chiedere ai nostri partiti un’intelligente apertura alle istanze delle persone omoaffettive e quindi non lasciarne alle sinistre il monopolio», sottolinea Enrico Oliari, presidente di GayLib, l’associazione nazionale dei gay di centrodestra. E Benedetto Della Vedova, deputato del Pdl, assicura: «Sono oggi al Gay Pride di Genova anche in nome di quella grande maggioranza di gay e lesbiche italiane che non ritengono che l’omosessualità sia una condizione di “opposizione” e naturaliter “di sinistra”. Senza intaccare, neppure dal punto di vista simbolico, il favor familiae che discende dalle norme costituzionali, credo sia possibile regolamentare e riconoscere le unioni gay».
Il Gay Pride di Genova come una sorta di pre-congresso politico? Di certo, delle grandi prove di piazza ha il balletto delle cifre. Con la questura che quantifica in quarantamila i partecipanti alla manifestazione, e gli organizzatori che alzano a «oltre duecentomila» l’asticella delle presenze, bambini non votanti compresi. La cronaca intanto registra anche qualche momento di paura quando sul carro di don Andrea Gallo un/una trans si accascia e perde i sensi. Arrivano le ambulanze, il corteo si ferma e il carro si fa da parte.

Dopo i primi tentativi di rianimazione sul campo, il manifestante viene accompagnato in ospedale e le sue condizioni sembrano migliorare progressivamente. Le piume, le paillettes e le calze a rete della politica «sobria» anche nell’abbigliamento possono tornare a marciare festosamente sui Genova.

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