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I gesuiti di Civiltà Cattolica bocciano le manovre Udc: «Casini decida con chi allearsi»

I vertici della Cei e gli inquilini dei sacri palazzi vaticani stanno davvero pensando a «nuovi assetti» politici per il nostro Paese? Stanno davvero lavorando per favorire l’ipotesi «neo-centrista» che dovrebbe voltar pagina rispetto al bipolarismo e al sostanziale bipartitismo verso cui l’Italia si è indirizzata? Dal Vaticano smentiscono nella maniera più assoluta: la Segreteria di Stato non si occupa di alchimie politico-partitiche. Nemmeno la Conferenza episcopale, che pure interviene segnalando priorità, emergenze, come pure il «degrado politico» (parole usate ieri dal cardinale Bagnasco) è intenzionata a farsi coinvolgere in logiche di schieramento.
Due giorni fa il segretario generale della Cei, monsignore Mariano Crociata, intervenendo ad Assisi al seminario di «Retinopera» dedicato alla nuova enciclica di Benedetto XVI, ha pronunciato un discorso che è stato immediatamente interpretato e rilanciato come una profezia neo-centrista e un appello ai cattolici a tenersi pronti. A leggere le parole del vescovo, però, ci si accorge che il riferimento è più che forzato. «Non spetta alla Chiesa prospettare soluzioni tecniche per la politica degli Stati, ma le compete un irrinunciabile dovere di annuncio, testimonianza e presenza», ha spiegato Crociata, richiamando i cattolici a dare il loro contributo «per il bene comune nel passaggio significativo e incerto di questi anni», a partire dalla consapevolezza che «la questione sociale è diventata radicalmente questione antropologica». Affermazioni esplicative dell’enciclica Caritas in veritate, non del nuovo Cencelli sul grande centro.
Il segretario della Cei ha quindi aggiunto: «Il nostro Paese come il resto del pianeta si sta infatti misurando con una crisi dai molteplici risvolti, la cui auspicabile uscita potrà determinare nuovi assetti ed inedite prospettive: quelli che matureranno proprio in questi mesi e in questi anni». Il riferimento è alla crisi (il resto del pianeta non ha tra le sue priorità la politica delle alleanze dell’Udc) e dunque le parole di monsignor Crociata sui «nuovi assetti» avevano un significato ben diverso da quello che gli si è voluto attribuire. Del resto, alla vigilia di un importante Consiglio permanente della Cei che sarà aperto da una prolusione di Bagnasco nella quale come sempre vi saranno accenni alla situazione sociale e politica del nostro Paese, sarebbe stato davvero inusuale che il suo segretario generale intervenisse su questi temi anticipandolo.
L’ipotesi neo-centrista, della quale si è parlato nelle ultime settimane, viene peraltro minimizzata anche da Civiltà cattolica, l’autorevole rivista dei gesuiti le cui bozze sono riviste in Segreteria di Stato. Nell’ultimo numero, padre Michele Simone fa osservare che il Pdl ha ancora «bisogno di consolidarsi come partito» e, «al di là delle grandi capacità del suo leader di raccogliere il consenso», rimane «una formazione senza grande capacità di iniziativa politica autonoma»; il Pd, invece, «in fondo, non è ancora nato». Quanto al progetto dell’Udc, sorretto dalla «convinzione, per ora scarsamente realistica, che il bipolarismo sia in via di superamento», padre Simone ritiene che si tratti di una tesi «frutto della propaganda più che di un’analisi razionale del “mercato” elettorale».

La «politica dei due forni» che l’Udc vuole seguire in vista delle prossime regionali «non potrà essere sostenuta all’infinito, perché nelle future elezioni politiche il partito di Casini dovrà decidere con chi allearsi», poiché «i tentennamenti tra destra e sinistra possono soltanto creare confusione negli elettori ed essere quindi controproducenti».

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