"I ghiacciai non si sciolgono". Un’altra ecoballa che scoppia

Gli esperti Onu avevano lanciato l’allarme sull’Himalaya "scongelato" nel 2035. E ora ammettono: "Previsione copiata da un’intervista, senza basi scientifiche"

"I ghiacciai non si sciolgono". Un’altra ecoballa che scoppia

La cronaca e la storia danno ragione alla mente perspicace che suggerì di interpretare come «Organizzazione non utile» l’acronimo Onu. La quale però, troppo spesso, si rivela più dannosa che inutile. Ad esempio, quando, in contrasto con ogni evidenza scientifica, vorrebbe governare la scienza del clima attraverso un comitato specificamente istituito con lo scopo di raccontar balle: l’Ipcc. Dopo il recente Climategate, prendersela con l’Ipcc, oggi, è un po’ come sparare sulla Crocerossa. Per chi ne fosse all’oscuro, il Climategate è lo scandalo - esploso lo scorso dicembre ma perfettamente noto nella cerchia ristretta della comunità scientifica - che ha fatto emergere come quelli dell’Ipcc truccassero i dati in modo da far credere a un’emergenza senza la quale chiuderebbe i battenti. Un imbroglio talmente ben congegnato da ingannare perfino quelli del comitato per il premio Nobel. Ma, come sempre, alla fine emerge la verità. L’ultima in ordine di tempo è che non sarebbe più vero che i ghiacci si stanno sciogliendo in modo anomalo. Ad essere precisi, non è stato mai vero: noi lo scriviamo da 10 anni su queste pagine perché questo è quanto risulta dai dati della scienza accreditata, quella che l’Ipcc ha cercato per anni di nascondere.
L’Ipcc, dicevo, non è nuovo ad imbrogli del genere. Già nel comunicato-stampa sul suo Primo Rapporto (1990) vi si poteva leggere, in una pagina, che «gli aumenti antropogenici di CO2 in atmosfera sono responsabili per oltre la metà dell’effetto serra in atto», e in un’altra che «il riscaldamento globale del XX secolo potrebbe essere dovuto, in gran parte, alla variabilità naturale». L’apparente contraddizione nasceva dalla circostanza che la seconda frase era coerente col rapporto degli scienziati, ove, invece, della prima frase non v’era traccia. Il fatto è che solo questa fu recepita e ripetuta all’infinito, da tutti, negli anni successivi.
Nel comunicato-stampa al suo Secondo Rapporto (1996) la frase-chiave fu: «l’evidenza complessiva suggerisce una ben discernibile influenza umana sul clima». Anche stavolta di questa frase non v’era ombra nel rapporto scientifico, che anzi diceva esattamente l’opposto, tanto da indurre molti scienziati a protestare. Uno fra tutti, Frederick Seitz che, membro dell’Ipcc e già presidente sia della Società americana di fisica sia della Accademia nazionale delle scienze americana, scrisse un articolo pubblicato sul Wall Street Journal per denunciare l’alterazione delle informazioni veicolate. Si scoprì poi che l’alterazione era stata apportata dall’estensore del comunicato-stampa, il prof. Ben Santer, sulla sola base di 2 articoli dello stesso Santer e, allora, ancora non pubblicati. Quando poi Santer li pubblicò, Michaels e Knappenburger, con un articolo su Nature, dimostrarono che i lavori di Santer erano sbagliati. Ma ormai la frittata era fatta e «l’evidenza complessiva suggerisce una ben discernibile influenza umana sul clima» fu la frase ripetuta da tutti come un mantra.
Le tesi che l’Ipcc diffondeva soffrivano di una grave lacuna: il pianeta era stato caldo come e più di ora durante un paio di secoli intorno all’anno 1000 d.C., aveva anche dovuto sopportare un paio di secoli di piccola era glaciale tra Seicento e Settecento e, infine, si era rinfrescato per i 35 anni dal 1940 al 1975 in pieno boom di emissioni. In aiuto all’Ipcc venne Michael Mann, uno studentello inesperto che era riuscito a pubblicare un articolo ove, con un semplice tratto di penna, aveva fatto giustizia del periodo caldo medievale, della piccola era glaciale e del raffreddamento degli anni 1940-75: secondo Mann, le temperature del pianeta erano rimaste costanti negli ultimi 1000 anni per poi crescere esponenzialmente dopo il 1850. La curva di Mann, nota come curva «a mazza da hockey», fu fatta propria dall’Ipcc, che nel suo Terzo Rapporto (2001) l’accompagnò con la frase-mantra: «nuove solide evidenze dimostrano che il secolo XX è stato il più caldo degli ultimi 1000 anni». Nel 2003 si dimostrò in modo inequivocabile che Mann aveva usato dati sbagliati, in un programma di calcolo sbagliato, di un’analisi statistica sbagliata. Ma fu troppo tardi perché il Rapporto 2001 dell’Ipcc indusse l’approvazione di quel disastro economico-ambientale che si chiama protocollo di Kyoto.
Un’altra figuraccia l’Ipcc l’ha fatta col suo ultimo rapporto (2007) ove dichiara: «Il riscaldamento globale dal 1975 in poi è molto probabilmente di causa principalmente antropica».

Insomma, nel suo ultimo rapporto, l’Ipcc circoscrive la responsabilità umana ai soli anni successivi al 1975, con ciò ammettendo di aver sbagliato per i 20 anni precedenti quando attribuiva all’industrializzazione il riscaldamento successivo al 1850. Giova sapere che è da 10 anni che il pianeta ha smesso di scaldarsi: quelli dell’Ipcc hanno cercato di nasconderlo (Climategate) ma, come detto, non si possono ingannare tutti per sempre.

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