I grandi del rock «se le cantano» È l’insultopoli a ritmo di musica

Loro no. In Italia le popstar stanno buone buone (in pubblico) e guai a chi parla male dei colleghi, a parte Vasco che ha appena detto la sua su Ligabue. Noi insomma siamo educati. Ma all’estero, specialmente nel ramo anglosassone, non si bada a spese. Insulto gratis. Tutti contro tutti. C’è chi ride, chi s’arrabbia e poi ciao, si riparte da zero. L’ultimo della lista è Lil’ Wayne, rapper da milioni di copie, già incarcerato per porto abusivo di arma da fuoco e incarcerabile ogni giorno per turpiloquio, un piccolino sgangherato neanche trentenne che sull’onda del «dissing» (la scrittura di versi musicali al solo scopo di offendere) nel disco in uscita domani Tha Carter IV ha impacchettato l’(ex) amico Jay-Z dentro le rime di It’s good. Inutile tradurle: sono pecorecce allusioni sessuali alla sua compagna Beyoncé, più o meno le stesse che Eminem ha appena riservato a Lady Gaga in A kiss definendola «una postina», salvo poi scusarsi dopo che i fan della postina gli avevano intasato il sito a furia di parolacce. Ma questa è robetta conformista, ormai i rapper sono impiegati dell’insulto proprio come Liam Gallagher ex Oasis che, avendo esaurito il repertorio, adesso va avanti random, chi c’è c’è, e l’ultimo che c’era è stato Bob Dylan, «un miserabile». Però chi fa davvero sul serio sono gli insultatori più o meno estemporanei, quelli che proprio non ce la fanno a trattenersi, però poi dopo si sentono meglio. Ad esempio Robbie Williams ha appena detto, testuale: «Gli Oasis hanno suonato a Wembley solo per tre sere di fila. I Take That per otto. Quindi Noel Gallagher può leccarmi il c..o». Figurarsi se Noel Gallagher si sarebbe fatto scappare la replica. In tempo reale, alludendo alle cure del cantante per rimediare alle disfunzioni sessuali: «Leccare il suo c..o grasso? Ormai so che ha preso troppi ormoni, succhierò le sue tette da uomo». Così cafonal che neanche Er Monnezza. Un gentleman al confronto di Kelly Osbourne, figlia di Ozzy e quindi con un pedigree a prova di querela, che, parlando di Christina Aguilera, ha appena detto: «È una grassa put...a. Mi ha insultato tante vole per il mio peso e allora sai che ti dico? Fottiti, ora sei una cicciona pure tu». Complimenti. Qui da noi è tutto un quant’è bello questo e quant’è brava quella. Invece là non se le mandano a dire. E quindi contano le categorie. Ci sono i poeti alla Mick Jagger che definì Madonna «un ditale di talento gettato in un oceano di ambizione» (grazie al blog di Gianni Sibilla su Rockol per la accurata traduzione). I qualunquisti come Johnny Lydon, ex Johnny Rotten cioè «marcio» quand’era nei Sex Pistols, che non nega un «merda» a nessun cantante sulla faccia della Terra. I frustrati alla David Lee Roth dei Van Halen: «Ai giornalisti musicali piace Elvis Costello perché si vestono come lui» o come, toh!, Elvis Costello che di Morrisey ha detto: «Scrive meravigliosi titoli di canzoni, ma purtroppo spesso si dimentica di scrivere la canzone». E poi arrivano i chirurgici alla Nick Cave che liquidano tutto con humour molto british e poco educato tipo «Quando sento un brano alla radio e mi chiedo “cos’è questa schifezza?”, la risposta è sempre la stessa: “È dei Red Hot Chili Peppers”». Non mancano i cinici alla Elton John («Keith Richards ormai è solo uno scimmione con l’artrite») e i killer alla Anton Newcombe dei favolosi americani The Brian Jonestown Massacre che ha riservato la peggiore di tutte a Eric Clapton: «Cos’ha fatto a parte buttare suo figlio da un cornicione e scriverci un brano?». Da ricovero. Insomma, l’insultopoli del rock riempie il web (leggere per credere i trenta peggiori insulti messi insieme su flavorwire.com) e i bersagli sono più o meno quelli che tutti s’aspettano: da Bono a Madonna ai Beatles e più famosi sono meglio è.

Alla fine il florilegio - memorabile un Rick James che definì Prince «un nano che vorrebbe essere bianco» - sarà pure perfido e magari divertente ma ha quel difettuccio che toglie alle rockstar ciò che generalmente il pubblico cerca: quel guizzo in più. Così in più da farci pensare che non siano banali, rancorosi e frustrati come tutti noi.

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