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I killer danno a Feltri del sicario

La fabbrica del fango di Repubblica si permette di darci lezioni di deontologia, intanto tritura gli avversari ogni giorno. Ecco la libertà per il quotidiano di Maurio: la sospensione di tre mesi inflitta al nostro direttore editoriale è persino insufficiente.
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I killer danno a Feltri del sicario

Dopo il Fondatore, il Segugio da camera da letto. Repubblica - la prima, la vera, l’inimitabile fabbrica del fango - continua a riversare tonnellate del suo prodotto su Vittorio Feltri e sul Giornale. Eugenio Scalfari auspica la radiazione del nostro direttore? Giuseppe D’Avanzo fiuta la traccia, si mette prontamente sulle orme di Barbapapà e digita una paginata di veleno: da somministrare prima a quei giornalisti (da Battista a Mentana a Padellaro) che hanno osato criticare il bavaglio imposto dall’Ordine a Feltri, poi allo stesso Feltri e tutti quelli che collaborano con lui.

Sputando insulti, imbrogliando le carte, confondendo i piani, pubblicando persino una foto falsa, il commissario di Largo Fochetti riscrive a modo suo la storia dell’ultimo anno: da Boffo a Fini. Sentenzia che a Feltri è andata bene visto che gli hanno spezzato la penna solo per tre mesi, farnetica di falso giornalismo, definisce servi e sicari coloro che lavorano al Giornale, cioè nella «macchina del fango».

La cosa incredibile è il pulpito da cui vengono lanciate queste accuse: un sistema editoriale che ha triturato decine di persone, una delle quali, il commissario Calabresi, ci rimise la pelle.
Delle prodezze di Scalfari ha raccontato ieri da par suo Giancarlo Perna. Di quelle di D’Avanzo (la punta di lancia della campagna Noemi-D’Addario, l’uomo delle dieci ossessive domande a Berlusconi) si occupa oggi Stefano Filippi. Leggete il suo articolo e poi chiedetevi quanta improntitudine ci voglia per scrivere, senza arrossire, frasi come questa: «Non tutti, come Feltri, hanno degradato l’informazione in comunicazione al servizio del potere, trasformandola nell’ingranaggio di una macchina politica che scatena contro i suoi antagonisti campagne di denigrazione. Feltri si accontenti dei tre mesi di sospensione. Gli è andata bene».
Ecco, la gente con cui abbiamo a che fare è questa: campioni della libertà di stampa solo quando è la loro, che si compiacciono se ad altri viene negata la parola, e anzi si lamentano perché ritengono troppo blanda una punizione inaudita: impedire di scrivere per tre mesi al più importante giornalista di centrodestra, e per di più durante uno snodo politico cruciale come quello che sta vivendo l’Italia.

Vogliono avere campo libero. E la loro offensiva è tanto più pericolosa in quanto gode di solide complicità nella politica e di altoparlanti nella televisione e nella radio di Stato. Per far sentire la nostra voce, noi non abbiamo che il Giornale. Le loro verità manipolate vengono raccolte e amplificate da almeno un paio di trasmissioni ogni giorno della settimana.

E lo chiamano regime.

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