Mondo

I killer dei cristiani: lezione ai nemici dell’islam

Il governo filoislamico di Ankara in imbarazzo: il premier Erdogan «costernato», per il ministro degli Esteri Gül è «a rischio» l’immagine internazionale del Paese

da Istanbul

Una punizione per chi offendeva l'Islam. Sarebbe questo il movente che ha spinto un gruppo di giovani fanatici a legare e sgozzare tre persone l’altro ieri a Malatya. Lo avrebbero fatto perché, pubblicando la Bibbia, le vittime avevano offeso la religione islamica e fatto proselitismo. La Turchia ieri mattina si è svegliata sotto choc per questo ennesimo spargimento di sangue innocente e con l'orrore delle prime dichiarazioni di alcuni assassini, riportate dal quotidiano Hurriyet. «Siamo andati alla casa editrice con cinque coltelli. Non avevamo previsto di sgozzare, ma tutti noi eravamo pronti a uccidere. La religione si sta perdendo. Che il nostro gesto sia una lezione ai nemici dell’islam». Il gruppo di aggressori era guidato molto probabilmente da Emre Gunaydin, 22 anni, il giovane in fin di vita che si era gettato da una finestra e che all'inizio era stato confuso per una quarta vittima della strage.
Nella notte la polizia ha arrestato altre cinque persone, facendo salire a dieci il numero dei fermati. La notizia è stata confermata dal governatore di Malatya, Ibrahim Dasoz, che ha parlato di indagini ancora in corso nonostante le prime confessioni. Se infatti il movente dell'omicidio appare ormai drammaticamente chiaro, meno chiaro è se questo gruppo di assassini fanatici abbia agito autonomamente o facesse parte di un'organizzazione estremista. Dasoz, a questo proposito, ha detto che «l'inchiesta in corso non trascura la pista degli Hezbollah turchi», ossia una frangia estremista islamo-curda, che avrebbe come obiettivo la creazione di uno Stato indipendente del sud-est del Paese. Nonostante il nome, non ci sono legami con il gruppo terrorista libanese. Per questa ipotesi ieri propendevano anche la Cnn turca, il quotidiano filo-islamico Zaman e numerosi commentatori locali. Ad avvalorarla c'è la modalità con la quale è avvenuto il delitto e il biglietto trovato addosso ai primi quattro fermati che recitava: «Noi cinque siamo come fratelli, andiamo alla morte, potremmo non tornare». Un sacrificio in nome di Allah, quindi, per punire chi Allah lo aveva rinnegato. Due delle tre vittime, infatti, erano turchi convertiti al cristianesimo.
Ma qualcosa non torna. Gli assassini, oltre ad aver voluto dare una lezione a chi insultava l’islam, hanno detto di averlo fatto per la patria. Una formula che, al contrario di quanto detto fino a questo momento, appartiene più a formazioni di stampo ultranazionalista. E se si tratta veramente di gruppi riconducibili in qualche modo ai curdi, che vorrebbero uno Stato indipendente, la motivazione patriottica regge poco. Un giornalista locale, che ha chiesto di rimanere anonimo per evidenti motivi di sicurezza, ha dichiarato che le minacce e le violenze contro la casa editrice Zirve si sono intensificate dallo scorso gennaio, quando a Istanbul un giovane ultranazionalista uccise il giornalista armeno Hrant Dink, che veniva proprio da Malatya.
La confusione che avvolge la destra eversiva turca, a metà fra islamismo e laicismo sfrenato, comincia a preoccupare seriamente anche il governo di Ankara. Il presidente uscente Ahmet Necdet Sezer ha parlato di atto per turbare la stabilità interna del Paese. Il premier Recep Tayyip Erdogan, che guida un esecutivo islamico-moderato, si è detto «costernato». «Una simile tragedia - ha aggiunto - colpisce tutti quelli che vivono in questa nazione. I responsabili saranno giudicati e puniti». Ma potrebbe non bastare. Lo sa bene il premier che si è detto preoccupato per la situazione interna del Paese. Ancora più significative le parole del ministro degli Esteri Abdullah Gül, che proprio qualche giorno fa aveva annunciato una serie di riforme per preparare la Turchia all'ingresso in Europa e che adesso definisce l’immagine del suo Paese «a rischio» e promette misure di sicurezza più forti.
Il premier Romano Prodi da Seul ha espresso sentimenti di dolore e lutto per quanto avvenuto in Turchia, sottolineando che non si tratta della prima volta.

Prodi ha detto che la strage di Malatya costituisce un «nuovo ostacolo» al processo di integrazione europea del Paese, aggiungendo che la reazione della società turca sarà determinante.

Commenti