I loro veri Fini: soldi, uffici e poltrone

RomaI soldi, le stanze, gli scranni, l’eredità di Tatarella. Mentre in aula si insultano e fanno gestacci, fuori dall’emiciclo, nel palazzo dei gruppi, è partita la Grande Separazione burocratica tra finiani e Pdl. Tutto è quantificato in numeri, ai sensi del regolamento parlamentare: al nuovo gruppo Futuro e Libertà dei «trentatrè» (più la trentaquattresima, l’ex Fi Chiara Moroni) andranno 57mila euro al mese per le spese di gestione, 13 segretari e, oltre alle stanze singole già a disposizione a palazzo Marini, 270 metri quadrati a Montecitorio. Ovvero il quarto piano, l’Aventino naturale dei finiani in quanto lì si trova la stanza di Italo Bocchino, il nuovo capogruppo di Fli. L’unico finiano del sesto piano, Carmelo Briguglio, raggiungerà i Flies, mentre due «lealisti» del quarto faranno le valigie per unirsi al Pdl. Nel corridoio scissionista, però, alle pareti è ancora appesa la targa Popolo della Libertà, presidente Berlusconi.
È un trasloco propriamente logistico, ma che si porta dietro implicazioni sentimentali e politiche. Non è solo questione di spazi da occupare e di rimborsi da prevedere per i Bocchiniani. Ci sono in ballo concetti ben più alti. Ad esempio il concetto di destra. Un drappello di ex An del Pdl ha scritto ai questori della Camera una lettera in cui si chiede che la parte destra dell’emiciclo rimanga a loro. Questo perché sono i finiani ad «aver avviato un processo di allontanamento». E dunque la migrazione degli scranni deve essere una conseguenza di questa scelta. Ieri mattina si è arrivati a una prima decisione: i trentatrè più la Moroni siederanno tra il gruppo del Pdl e il gruppo della Lega. Sarebbe una vittoria per i berlusconiani, in particolare per gli ex An lealisti, che manterrebbero così l’occupazione simbolica del loro lato preferito dell’aula. L’altra valutazione è che in questo modo i Flies saranno chiusi a panino tra le due forze alleate. Non confineranno con il centro.
Il vicepresidente del gruppo Pdl Maurizio Bianconi garantisce che la «Grande Separazione» sta avvenendo «con dispiacere, ma in modo consensuale». A sentire qualcun altro, invece, finiani e lealisti si starebbero accapigliando su numerose questioni. Senza contare che ieri il personale della segreteria pidiellina era in fibrillazione per gli stipendi di agosto: dovrebbe firmarli la tesoriera Moroni, che però è passata con i finiani.
Ma il grande oggetto del contendere sembra essere soprattutto la sala Tatarella. Collocata al quinto piano, viene utilizzata per le riunioni del gruppo del Pdl. All’entrata la solita targa con il simbolo di Berlusconi, all’interno un ampio spazio affollato di poltroncine rosse. In una nota ai questori, il Pdl ha precisato che la sala dedicata al «ministro dell’Armonia» rimarrà al gruppo berlusconiano. Bocchino e i suoi però non vorrebbero perderla. Il capogruppo in particolare: Bocchino fu a lungo assistente parlamentare di Tatarella, di cui si sente il figlio politico. In un incrocio di lettere ai questori la decisione ancora non è stata presa.
Nella stessa posizione della Sala contesa, al quarto piano, si fa notare dal Pdl, è collocata una grande stanza dove ora si trova il centralino del gruppo, che verrebbe generosamente spostato per dar la possibilità ai trentaquattro di riunirsi. Si sottolinea poi come lo stesso Bocchino occupi di fatto la storica stanza dei capigruppo di An, che non ha mollato neppure quando si è dimesso da vice di Cicchitto. «La vuole per sé vita natural durante», commenta un deputato ex An. E dunque si tenga la stanza ma non la sala.
Con il gruzzoletto di spettanza di quasi 60mila euro al mese (da cui sono esclusi gli stipendi per i segretari e l’obolo mensile che ogni deputato verserà al gruppo), i finiani potranno inoltre far arrivare qualche collaboratore dall’esterno. In particolare per l’ufficio stampa potrebbero appoggiarsi allo staff di Generazione Italia, il movimento bocchiniano.

Infine, nell’elenco dei piccoli contenziosi c’è pure il problema delle liquidazioni: con la nascita del gruppo Pdl molti dipendenti di An furono liquidati e poi riassunti. Chi pagò i trattamenti di fine rapporto? Non An, «che non aveva una lira», ricordano i lealisti. Pagò Forza Italia. E dunque dall’ex Fi qualcuno, presto o tardi, potrebbe voler indietro parte di quel denaro.

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