Politica

I magistrati dovrebbero arrossire invece di protestare

L’uscita di un certo numero di magistrati dall’aula giudiziaria quando ha preso la parola il rappresentante del governo e lo sciopero che si annuncia di una parte di loro sono motivati dalla loro protesta per il processo cosiddetto breve, che è comunque di per sé già molto lungo. E ciò è quasi incredibile se si considera che, a causa della lungaggine dei processi, l’Italia, come ha ricordato il procuratore generale della Corte di Cassazione, all’inaugurazione dell’anno giudiziario, si trova nella coda della graduatoria della Banca mondiale, per quanto riguarda le opportunità di fare affari, rispetto a gran parte dei 181 paesi ivi considerati, che contengono molti moltissimi Stati dell’Africa e Stati in guerra intestina, come l’Afghanistan.

Come ha denunciato il procuratore generale della Cassazione, in Italia un processo nel settore commerciale ha la durata media di 1.210 giorni, invece in Francia dura 331 giorni e in Germania 390. In Giappone dura solo 312 giorni, in Spagna, nazione nota per le sue complicazioni giudiziarie, la durata media è di 515 giorni.
Mentre scorrevano fiumi di inchiostro per esaltare la fermezza di questi magistrati (chiamati erroneamente tutti «giudici», mentre una parte di loro, la più vociferante e politicizzata, sono pubblici ministeri) usciti dall’aula con la Costituzione sul cuore, nessuno, nella stampa che fa loro cassa di risonanza, ha ripreso la citazione del procuratore generare della Cassazione sulla grave anomalia, delle lungaggini processuali, che danneggia l’Italia dal punto di vista economico. E questi dati non sono stati presi in considerazione, come se fosse difficile reperirli, mentre sono di pubblico dominio anche perché la Banca mondiale li presenta presso le Camere di commercio degli Stati interessati. Essi dovrebbero rendere rossi di vergogna quei magistrati che protestano contro la legge che cerca di ridurre questa anomalia.

Infatti l’Italia sui 181 Stati considerati, risulta al 156° posto per quanto riguarda la tutela dei contratti. E ciò dipende dalla anomala durata dei processi civili, con particolare riferimento a quelli commerciali. Dietro di noi non c’è alcuno Stato facente parte dell’Ocse che raggruppa i Paesi sviluppati. E prima di noi, al 152° posto troviamo stati come la Columbia, notoriamente carenti dal punto di vista dell’ordine pubblico. Anche il Togo ha una giustizia civile che, secondo la Banca mondiale, funziona meglio della nostra. Noi ci troviamo accomunati a Stati come il Ciad, l’Angola, il Camerun, l'Afghanistan, il Burundi, la Repubblica Centroafricana, Sao Tomè, Trinidad.

Altro che tenere sul cuore la Costituzione. Non mi dilungo nei confronti, data la facilità con cui possono essere consultati nelle tabelle del sito della Banca mondiale del «doing business in... » cioè del «fare affari in... ». Del resto anche su Le Monde si possono leggere dati preoccupanti riguardanti la durata dei nostri processi civili, in primo grado in tribunale e in secondo in Corte di appello. Aggiungo che fra i dieci criteri che sono presi in considerazione dalla classifica, questo è di gran lunga il peggiore.

Ad esempio per la facilità di ottenere il credito siamo al 57° posto, che non è certo soddisfacente, ma non è in coda alla graduatoria, ma in una fascia a una distanza dal 30 per cento circa del vertice. E noi, a causa di questo fenomeno patologico, nella graduatoria globale dei dieci criteri scivoliamo all’87° posto, il che non solo non è lusinghiero per chi vuole investire in Italia ma indica anche che le nostre imprese, i nostri lavoratori autonomi, chiunque si trovi a vivere in Italia e debba svolgere attività economiche ha delle difficoltà addizionali nel campo dei contratti che costituiscono un handicap nei confronti dei nostro concorrenti.

Non è solo una questione di affari. È anche una questione di libertà. Infatti l’Italia è messa male anche negli indici internazionali della libertà economica. In parte ciò è dovuto alla eccessiva tassazione, ma in parte ciò è dovuto alla eccessiva durata dei processi. Questo sciopero di questa parte delle «toghe» è una manifestazione contro la nostra libertà economica..

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