Cultura e Spettacoli

I MEDIA E I CATTOLICI Radio Maria, fede in libertà

Il nostro non è fondamentalismo ma impegno generoso e vigorosa testimonianza

La sua voce è inconfondibile e sono davvero in pochi coloro che, cambiando canale radio, non si sono mai imbattuti, almeno una volta, nelle sue trasmissioni. A padre Livio Fanzaga, l’instancabile animatore di Radio Maria che ha portato l’emittente ad avere ben due milioni di utenti quotidiani con una media - altissima - di due ore di ascolto al giorno, il Giornale ha chiesto di intervenire nel dibattito sui media cattolici e la moratoria sull’aborto.
L’iniziativa lanciata da Giuliano Ferrara sta facendo discutere il mondo politico, sociale e intellettuale italiano. Come la giudica?
«Si tratta di una battaglia sul diritto a nascere, una battaglia tipicamente laica, non confessionale. Mi sembra che Ferrara si sia posto un obiettivo partendo da considerazioni scientifiche: oggi sappiamo che nel concepito c’è già tutto il programma del futuro uomo. C’è già tutto l’uomo. Per questo chiede che nella Dichiarazione universale dei diritti dell’uomo si aggiunga che la vita va difesa dal concepimento alla sua fine naturale. È una battaglia che va al di là delle religioni, delle diversità politiche o ideologiche. Il merito di Ferrara è averla sottratta agli ambiti ristretti del mondo cattolico».
I media cattolici si sono impegnati abbastanza su questi temi?
«Su questo tema credo che i media cattolici si siano sempre impegnati. Il problema forse è stato “cattolicizzare” troppo la battaglia in difesa della vita che, lo ripeto, non è una battaglia cattolica, ma laica, per i diritti umani».
Crede che talvolta ci sia il rischio che i media cattolici appaiano irrilevanti?
«C’è una situazione a mio parere anormale, soprattutto in Italia. Si crede che da una parte ci sia la società, dall’altra ci sia la Chiesa. Allo stesso modo, si pensa che da una parte vi siano i mass media cattolici, dall’altra quelli laici. Ora, stampa e tv cattoliche devono avere la loro chiara identità, ma ritengo necessario, soprattutto, che all’interno dei media laici operino giornalisti cattolici. Se così fosse, non avremmo dovuto aggrapparci a Ferrara per uscire dallo steccato».
Il successo di Radio Maria sta a indicare che c’è un popolo cattolico che non si sente rappresentato?
«Bisogna dire che alcuni importanti media cattolici sono di proprietà della Chiesa, e dunque esprimono un’ufficialità che si traduce spesso in prudenza. Talvolta questo può andare a scapito della profezia e della forte testimonianza. Radio Maria, grazie a Dio, è un’associazione civile: siamo tutti cristiani e cattolici, ma abbiamo forse più libertà nell’impostare le nostre battaglie culturali. È vero che esiste una frattura tra media cattolici e popolo cristiano. La gente è in attesa, ha profonde convinzioni e non sempre trova nei mass media sbocchi adeguati. Temo che in qualche caso subentri una sorta di aurea mediocritas e si finisca per non essere più nel cuore della gente».
Radio Maria viene accusata di fare politica. Vi siete impegnati molto per l’astensione nel referendum sulla legge 40...
«Certamente facciamo meno politica di Avvenire, Famiglia Cristiana e dell’Osservatore Romano, i quali si occupano anche di notizie relative alla vita politica nazionale e internazionale. Tra l’altro, se volessimo, potremmo occuparci di politica più di loro, essendo Radio Maria un’associazione civile, come ho già ricordato. Se fossimo più schierati politicamente, però, perderemmo la possibilità di parlare a tutti. Ma la scelta di non schierarci politicamente non significa tirarsi indietro quando ci sono grandi battaglie etiche. Noi scendiamo in campo, in sintonia con la Chiesa, e nel caso della legge 40 ci siamo impegnati con vigore».
C’è chi vi addita come una radio fondamentalista. Come risponde?
«Dico che c’è una bella differenza tra fondamentalismo e testimonianza vigorosa, tra fanatismo e impegno generoso. La gente ci vuole testimoni generosi e vigorosi, il pubblico ci premia per questo. A volte nei media cattolici manca questa decisione, anche se riconosco che sul tema della difesa della vita tutti hanno le carte in regola e hanno portato avanti la battaglia per anni. Ma Ferrara è Ferrara, ce n’è uno solo, è una persona eccezionale. Ne servirebbe uno anche nel mondo cattolico».
Non crede vi sia il rischio per i cattolici di farsi arruolare sotto l’egida di visioni che selezionano alcuni temi che stanno a cuore alla Chiesa dimenticandone altri?
«Bisogna prestare attenzione a tutte le tematiche della dottrina sociale della Chiesa, e dunque anche alla pace, alla giustizia sociale, alla difesa dell’ambiente. Il cattolico deve averle presenti tutte quante e mi sembra che Benedetto XVI parli chiaro in proposito. Su ambiente e pace è però più facile trovarsi d’accordo con tutti, mentre la vita e la famiglia vengono attaccate dalla mentalità comune. Proprio per questo già Giovanni Paolo II diceva che questi temi rappresentano le frontiere della nuova evangelizzazione.

Vita, famiglia e pace - il mondo rischia l’autodistruzione - sono tre gravi emergenze».

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