La crisi del sistema sanitario della Regione non penalizza solo i pazienti, vittime di lunghe liste dattesa, ma coinvolge direttamente anche i medici, costretti a nuotare in una mare di disservizi. Blocco delle assunzioni nelle strutture ospedaliere, precariato, riduzione ai minimi termini dei posti letto e turni di lavoro straordinario magramente retribuiti sono stati i cardini dellassemblea regionale della dirigenza medica e veterinaria, tenutasi, ieri, presso lospedale romano San Camillo. Inserita nella vertenza di protesta in atto nei confronti della Regione e proclamata in previsione dello sciopero del 9 maggio, la riunione dei camici bianchi, a cui hanno aderito le sigle sindacali mediche e paramediche Anaao-Assomed, Cosmed, Sds-Snabi, Fesmed e Fvm, è stata solo lennesima conferma del fallimentare Piano di Rientro sanitario triennale messo a punto da una cattiva gestione governativa.
«A tre anni dallattuazione, il programma è stato analizzato dalle istituzioni solo in termini economici - spiega Donato Antonellis, segretario regionale di Anaao-Assomed -. Il debito del Lazio non è basato solo su cifre, ma è strutturale. Si fonda su tre punti fondamentali: la medicina pubblica, la privata e le università. Solo razionalizzando la rete ospedaliera pubblica con una mirata programmazione atta a riequilibrare lintero sistema sanitario, il disavanzo potrà essere risolto. Un debito che non verrà mai sanato se si continuano a tenere in piedi sei università in una sola regione». Amareggiato per la disastrosa situazione del San Camillo, per cui è stato disposto un taglio di 250 posti letto a favore di strutture private accreditate, anche il primario di cardiologia, Sandro Petrolati.
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