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"I miei film andrebbero proiettati nelle scuole"

Nel suo ultimo lavoro, il maestro dell’eros diventa un bigotto. E confessa: "Nessuno ha una visione serena come me del sesso" 

"I miei film andrebbero proiettati nelle scuole"

Milano - Piegato in due dal subbuglio delle viscere, Tinto Brass si è rintanato in un residence di Milano reduce da un’indigestione di pesce a Bari. Era in pigiama nella sua suite, ma si è rivestito per accogliermi e indossa ancora le babbucce. Ha capelli lisci come spinaci, una camicia colorata, un gilet fantasioso, un pantalone sgargiante e un sigaro grosso come un cetriolo tra i denti.

«Posso sapere - gli dico per distrarlo dai suoi guai - Tinto da che viene?»
«Tintoretto. Da piccolo dipingevo. Così invece di Giovanni, banale nome anagrafico, fui ribattezzato. Lessico familiare. Noi siamo veneziani», dice il regista più erotico d’Italia che, sprofondato nel divano, cerca tra morbidi cuscini un ristoro dai dolorosi imbarazzi.
«Lei, il più libertino dei cineasti, ha recitato nel film, Impotenti esistenziali, la parte del bigotto benpensante. Non lederà la sua immagine?».

«Il personaggio è il mio opposto. Però, tocca il didietro delle segretarie. Quindi, qualche segno mio gli rimane», ride.
«Come parla!».
«Ho un linguaggio turgido» e squilla un telefonino. Ha il bercio di un neonato, uè, uè. Insieme, ne squilla un altro con marcetta jazz. Dall’altra parte, due scocciatori. Brass li liquida all’istante.

«Lei ha scoperto, in ogni senso, Grandi, Dellera, Caprioglio, Koll ecc. Quale ha desiderato di più?».
«Mi sono innamorato di tutte. Erano perfette per il mio progetto. Molte poi le ho perse di vista. Alcune mi hanno rinnegato», dice senza amarezze, sfumacchiando l’enorme sigaro.

«Lei è un contemplativo o con le sue attrici... ?».
«Càpita. Non è un dogma. Se tra noi c’è una storia, è per la migliore riuscita del film. Si crea un rapporto simile a quello con lo psicoterapeuta. Più mi sentono come il loro Pigmalione, più sono generose col corpo davanti alle cineprese».

«Claudia Koll si è poi fatta suora».
«Rimasto di m... Se la incontro e chiedo: “Che farai?”. Lei indica il cielo col dito, come dire: “Lo sa Dio”. Peccato. In Così fan tutte, nuda e infedele, era perfetta».

«È autore dell’aureo libretto, Elogio del culo. Di che tratta?».
«Sviluppa, in forma di dialogo platonico, il sillogismo: “Il sedere è lo specchio dell’anima; ognuno ha il sedere che ha; mostrami il sedere e ti dirò chi sei”».
«Pura filosofia».
«Me lo chiese l’editore Pironti, per una serie dedicata agli elogi. Della suocera, del gatto, del filobus ecc. Un invito a nozze. Una riflessione uscita di getto su una parte del corpo umano a lungo reietta».

«In che senso “l’emisfero gemellare”, parole sue, è lo specchio dell’anima?».
«In un provino, capisco più dal didietro che dal volto. C’è il dna di una donna. Da come lo dondola, vedo pudore, sensibilità, carattere, pensiero. Conosce quell’inno al didietro dei tempi del fascismo su Rosa, la mamma del duce?».
(Taccio smarrito).
«“Se Rosa colta da improvvisa luce / la sera che fu concepito il Duce / avesse dato al fabbro predappiano / invece della so..a il deretano / l’avrebbe presa in c..o quella sera / Rosa soltanto e non l’Italia intera”. Come vede il callipigio serve anche a fare discorsi politici».

«L’elogio vale anche per il callipigio dell’uomo?».
«Non so. Quando era viva mia moglie Carla, lasciavo a lei giudicare i culi maschili».

«Scrisse l’elogio un mese appena dopo la morte di Carla (Cipriani, detta Tinta, ndr). Un lutto insolito».
«Ero pieno di angoscia. Cercavo di superare lo sconforto. Sono stato un anno senza interesse per il cinema».

«Ora c’è Caterina Varzì. Solo l’attrice del suo prossimo film, Ziva, l’isola che non c’è, o di più?».
«La mia musa. Mi ha fatto intravedere la fine del tunnel».
«Lei ha 76 anni. Caterina?».
«Una trentina. Capelli rossi, calabrese, appassionata. È, come per Giasone, il mio toson d’oro (variante anglo-veneta per vello, ndr)».
«Prima dell’erotismo, lei era impegnato. Inalò i fumi del ’68».
«Feci Chi lavora è perduto e Ça ira. Condividevo i moti rivoluzionari».
«Brass, lei nel ’71, fu tra i firmatari dell’appello in cui dicevate: “Ci impegniamo a combattere lo Stato con le armi”».

«Dicevamo di tutto. Poi, ho capito che i bagni di sangue servivano solo a sostituire un potere con un altro. E ho rifiutato ogni rivoluzione, tranne quella sessuale».
«Firmò anche il manifesto dell’Espresso in cui Calabresi era detto “commissario torturatore, responsabile della morte di Pinelli”».

«Se sei stupido e traduci le parole in delitti, io che c’entro?».
«Come posso chiamarla?», gli chiedo stufo di ripetere Brass, lei ecc.
«Essendo laureato in Legge, sono tra i pochi che nel cinema può essere chiamato dottore. Ma tutti mi chiamano maestro. Chissà perché incuto questo salamelecco», dice e apre la porta a un inserviente che è andato in farmacia a comprargli un antiemetico.

Maestro, cos’è politicamente?
«Non voto più. Tempo fa, c’era ancora Marini presidente del Senato, guardavo una seduta in tv. I senatori dicevano cose roboanti, poi cominciarono a prendersi a pugni. Marini fa: “Smettetela, c’è la tv”. Invece, erano molto divertenti. Marini avrebbe dovuto avvertirli prima. Lo scandalo era quello che dicevano».

Perché non vota?
«Non vedo chi potrei. Se avessimo Sarkozy o Zapatero, voterei. Soprattutto la Bruni. Amo le donne dal piglio deciso. Non le cassafatte».
Cassafatte?
«Le fasulle con una risposta a tutto. Mi piace la Gelmini. È concreta. Si vede che vive la sua mansione. In un film, sarebbe una perfetta Constance, la Lady Chatterley del romanzo di Lawrence».

Un’adultera.
«Un’amoralista».

Quale politico sente più vicino?
«Quello disposto ad ascoltarmi, se ci fosse. Non ho progetti così scandalosi. Ma i riconoscimenti mi vengono solo dall’estero. In Francia ho avuto accoglienze eccezionali. In Spagna hanno proiettato il mio Monamour in una chiesa sconsacrata. Favoloso. Acustica perfetta. Mi ha riavvicinato a Dio».

Invece Sandro Bondi ministro della Cultura?
«Non mi convoca quando ci sono gli incontri sul cinema. Ma neanche la sinistra mi ha mai convocato. Per loro, sono scandaloso e a côté».

Quale politico donna sceglierebbe per un suo film?
«Oltre Gelmini, mi hanno attratto la Mussolini e la Melandri. A seconda dei periodi storici. Mai la Carfagna. A meno che non deponga gli abiti da puritana e vada in Parlamento vestita da Cicciolina».

Tra i maschi a chi darebbe delle parti?
«Un bel campione dev’essere Ignazio La Russa. Penso, dal tipo - siciliano, focoso - che gli piaccia esibirsi».

Di Pietro?
«Ottimo per la parte di Mellors, il guardiacaccia che soddisfa Lady Chatterley».

Veltroni?
«Sembra imbalsamato. Perfetto per il marito tradito di Costance».

Il Cavaliere?
«Il James Bond di Dalla Russia con amore. Ogni volta che torna da Mosca fa dichiarazioni d’amore a Putin».

D’Alema?
«Troppi distinguo e sottigliezze. Evanescente per un ruolo. Tutt’al più un ambasciatore veneto che invia relazioni alla Serenissima dalla corte di papa Borgia».

Un osservatore asessuato?
«Macché. I messaggi li componevano nei bordelli tra i massaggi delle prostitute».

Maestro, si considera un intellettuale?
«Lettuale, da letto. Ma l’erotismo ha la nobiltà di qualsiasi argomento elevato».

Ha definito lassativo il cinema di Nanni Moretti.
«Talvolta fa cose che fanno schifo. Ma è onesto. Nonostante le nostre polemiche, da direttore del Festival di Torino ha ospitato un mio film. Mi è piaciuto il suo Caimano, con uno straordinario Silvio Orlando».

Le femministe la detestano.
«Una volta mi hanno rovesciato secchi di ghiande in testa. Sono il cibo dei maiali. Erano scatenate. Mia moglie mi incitava: “Tiralo fuori. Faglielo vedere. Così scappano”».

L’accusano di usare le donne come oggetti.
«Quando recitano per me sono oggetti. Alla pari, del musicista che pizzica il contrabbasso per farne uscire i suoni che vuole».

Che rapporti ha con la religione?
«Tranquillamente ateo. Non temo la morte, semmai il dolore. Ma come diceva il parroco di Torcello dove vivevo: “Sei un buon toso. Prima di morire, vieni che ti do l’assoluzione”».

Niente da rimproverarsi?
«I miei film dovrebbero essere proiettati nelle scuole. Nessuno ha una visione così serena del sesso. Gli altri fanno scene di sesso angosciose e i ragazzi diventano serial killer».

Lo sa che Tolstoj lo faceva ancora a 80 anni?
«Non solo lui. Per battere la prostata, bisogna avere 24 eiaculazioni il mese. Rispetto sempre questa regola».

Maestro!
«Con mia moglie, fino a dieci giorni prima che morisse, ho fatto... ».

Maestro!
«Stando a letto... ».

Maestro!
«Avevo... ».

Maestro!
«Lei è un muffito bacchettone.

Esca di qui».

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