I milanesi consumano tanta acqua da riempire 70 volte l’Idroscalo

Dimenticare il rubinetto aperto mentre ci si lava i denti vuol dire sprecare 10 litri d’acqua, altrettanti scorrono via quando ci lava la faccia al risveglio. Moltiplichiamolo il primo dato per tre e ripetiamo il conto per ogni familiare che vive con noi. E che dire della barba? Rasarsi senza chiudere la manopola equivale a gettar via 25 litri. Un lavandino che perde accumula in gocce qualcosa come 4.800 litri l’anno. Se dalle tubature scendesse oro liquido saremmo senz’altro più accorti. Ma questo è il punto, la consapevolezza: l’acqua è ancora più preziosa dell’oro perché ci permette di vivere. È il senso dell’ultima campagna di sensibilizzazione «Chiudi il rubinetto» ideata da Aquafresh con il patrocinio dell’assessorato all’Ambiente e dell’Acquedotto milanese. Il progetto si articola via web (www.chiudilrubinetto.it), il visitatore virtuale, scoprirà con vari test, se è «Aqua expert», ossia se è un consumatore attento e informato. Sì perché per ogni bene prodotto si può calcolare non solo quanto inquina (guardando alle emissioni di anidride carbonica) ma anche quanto liquido prezioso disperde calcolando la «water footprint», l’impronta idrica. L’azienda farmaceutica che produce il dentifricio ha stimato che «se per la maggior parte dei prodotti l’indice di dispersione idrica è responsabilità dei produttori, nel caso del dentifricio il rapporto si inverte: il 99 per cento dell’acqua se ne va per colpa del rubinetto aperto». Si calcolano 281 litri per ogni tubetto di dentifricio, in un anno gli italiani che si lavano i denti sprecano ben 292,5 miliardi di litri. Un volume d’acqua pari a 265 volte quella che può contenere il Colosseo o a 112 piramidi di Cheope. Questo anche perché il 36 per cento degli intervistati lascia il rubinetto aperto mentre si spazzola i denti.
L’assessore all’ambiente Paolo Massari ha approvato l’iniziativa e si è impegnato a «diffondere la cultura del risparmio d’acqua all’interno di Palazzo Marino». Il direttore dell’Acquedotto (gestito dalla Metropolitana milanese) Carlo Carrettini ha ricordato che «anche se Milano è ben dotata è importantissimo non sprecare l’acqua: un comportamento accorto consente di risparmiare energia elettrica, indispensabile nella fase di pompaggio e nel trattamento». Andiamo con ordine. Milano è ricca di acqua, «è una delle poche città europee che utilizza interamente acqua di falda profonda e non tratta quella dei fiumi - ha spiegato Carrettini - In città ci sono 500 pozzi profondi e 30 impianti di pompaggio che prelevano l’acqua dal sottosuolo a 80-120 metri di profondità. Una volta in centrale viene trattata sui carboni attivi, un sistema pensato per trattenere le impurità, ad esempio per eliminare le tracce di cloro. Questa procedura coinvolge ogni anno 230milioni di metri cubi d’acqua, ed è come se venisse prelevata e trattata l’acqua dall’Idroscalo per 70 volte».
Carretti si è dilungato sulla bontà dell’acqua milanese, «che dalle Alpi confluisce direttamente in pianura, è oligominerale e risponde ai parametri di potabilità della normativa europea».

Non solo: ogni anno l’acquedotto svolge 250mila controlli, senza contare quelli della Asl. L’acqua costa alla collettività 55 centesimi al metro cubo, 49mila le utenze cittadine: per ogni metro cubo risparmiato si guadagna mezzo chilowatt di energia. Acqua uguale energia. E vita.

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