TripoliAl posto di blocco delle guardie popolare, i civili armati da Gheddafi per difendere la capitale, mettono a palla il «zanga zanga». É l'ultimo tormentone musicale della guerra, che va di moda a Tripoli. I miliziani armati di kalashnikov che presidiano Abu Slim, uno dei quartieri più grandi e poveri della capitale usano il «zanga zanga» anche come suoneria dei telefonini.
Da non confondere con il bunga bunga è una specie di rap che prende spunto dalle terribili parole pronunciate dal colonnello Gheddafi alla vigilia dell'attacco alleato. «Io con altri milioni ripuliremo la Libia dai ratti (i ribelli, nda) - aveva urlato Gheddafi sbattendo i pugni sul podio e agitandoli in aria - Centimetro per centimetro, casa per casa, stanza per stanza, vicolo per vicolo». «Zanga» significa vicolo e la voce burbera del colonnello è stata ripresa, mixata e trasformata in una melodia rap di grande successo. I suoi fan l'hanno imparata a memoria e ce la cantano in coro.
I miliziani di questa specie di difesa civile sono ragazzini, padri di famiglia, ma pure giovinastri con facce poco raccomandabili. Controllano un posto di blocco sulla strada principale di Abu Slim. Sul marciapiede hanno piantato una tenda un po' logora, dove chi non sta di guardia dorme. Gheddafi aveva annunciato di voler distribuire le armi ad un milione di persone. Samir Almaryami, un armadio d'uomo con la pelle nera come la pece ci offre bibite e dolci dentro una specie di ufficio circoscrizionale trasformato in «commissariato» della guardia popolare. «Dall'inizio dei raid ho indosso questa uniforme mimetica, ma sono un civile. - racconta il capo dei comitati popolari - Di notte sentiamo arrivare i caccia. Sappiamo che questo posto può essere un obiettivo, ma ci dormiamo dentro confidando in Allah».
A Tripoli la difesa civile presidia gli incroci e le strade principali. Nel quartiere di Abu Slim molti indossano tute con lo scudetto dell'Italia ed uno ha addirittura una felpa della nostra aeronautica militare. «Sono tifoso del Milan di Berlusconi, che era amico di Gheddafi. Non abbiamo niente contro di voi. Perchè ci avete attaccato?» chiede Abougala. Un altro ha il kalashnikov a tracolla e un altro ancora con il basco nero e pantaloni della mimetica giura che diventerà «il primo dei terroristi se continuerete a bombardarci». Al posto di blocco sostengono di aver beccato una trentina di sospetti armati: algerini, mauritani ed egiziani.
Hassan Juma, con il figlio piccolo in braccio, spiega in perfetto inglese che «i libici non sono schiavi di voi occidentali interessati solo al petrolio». Ad un certo punto si fa strada una giovane con un grazioso velo viola. Poi una donna che ha divorziato sostiene: «Gheddafi mi aiuta con un sussidio». L'Armata Brancaleone dei civili mobilitati dal colonnello è estremamente varia. Tutti concordano che sarebbe meglio «risolvere la crisi con il negoziato, ma non accetteremo mai una spartizione della Libia. Se i ribelli della Cirenaica non scenderanno a patti li spazzeremo via». Come prevede il «zanga zanga», nuovo inno del miliziano tutto Gheddafi e moschetto.
Ieri sera alle 20 italiane, le batterie antiaeree hanno ricominciato a vomitare raffiche di traccianti verso il cielo. Ad alta quota si sentiva il ronzio dei caccia che hanno colpito il porto dove c'erano delle navi da guerra libiche. Due forti esplosioni hanno provocato dele lingue di fuoco. La notte prima un raid aveva colpito Bab al Azizya, la cittadella fortificata nel centro di Tripoli dove viveva il colonnello Gheddafi. Probabilmente un missile ha accartocciato una palazzina, che secondo i libici è amministrativa. Un fumo grigio si è alzato fra le case circostanti. Gli alleati hanno colpito il simbolo del potere, che in questi giorni era stato invaso da aspiranti scudi umani.
Una tattica che verrebbe utilizzata anche a Misurata, 180 chilometri ad est di Tripoli, contesa da giorni fra ribelli e governativi.
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