Fabrizio De Feo
da Roma
Lassalto contro le riforme del governo Berlusconi è ormai partito. E uno dopo laltro i ministri del governo Prodi si schierano ai blocchi di partenza e fanno a gara per dettare la dichiarazione più roboante contro le varie leggi-simbolo approvate nella passata legislatura dal centrodestra. Un copione forse inevitabile per un esecutivo che ha come suo unico collante lantiberlusconismo. Ma non scontato visto che il sostanziale «pareggio» elettorale aveva acceso in qualcuno lillusione che un approccio più responsabile potesse prendere piede. Invece lestremismo «controriformista» alla prova dei fatti sta avendo clamorosamente la meglio, con i ministri calati nel ruolo di novelli Attila e pronti a fare tabula rasa del passato.
Le leggi nel mirino sono molte. Non si erano neppure diradate le polveri della foto di gruppo al Quirinale e già alcuni esponenti della squadra prodiana esternavano a ruota libera. Il ponte sullo Stretto? «Per carità». La legge Biagi? «La legge 30 vorrà dire, ci metteremo mano senzaltro!». La missione in Irak? «Via subito dalla sporca guerra!». La legge Gasparri? «Consideratela morta». Fino alla querelle dai toni surreali sullabolizione della Festa della Repubblica. Un impeto distruttivo a cui pochi si sono sottratti.
Il macchinista salito alla guida del trenino abrogazionista è senzaltro - almeno per la velocità con cui ha fatto esplodere le sue esternazioni - Alessandro Bianchi, il nuovo ministro dei Trasporti. A lui spetta la palma di primo «aspirante distruttore» con la sua frase sul Ponte sullo Stretto, dettata direttamente dentro i saloni dei Quirinale: «Il Ponte? Ritengo sia lopera più inutile e dannosa progettata in Italia negli ultimi 100 anni». Una convinzione ribadita ieri in termini perentori: «È lunico paletto che ho posto, lunico punto fermo. Ho espresso una mia radicata convinzione dopo essermi occupato per decenni dellargomento. Ricordo anche che nel programma di governo il Ponte non è fra le priorità e siccome non navighiamo nelloro non si farà».
Se Bianchi è stato il più veloce picconatore, il «premio Attila» va forse a Paolo Ferrero, ministro della Solidarietà Sociale, capace di utilizzare armi a gittata multipla, dirette contro più leggi berlusconiane. «La legge Bossi-Fini non funziona: gli sbarchi di questi giorni a Lampedusa ne sono una testimonianza» dice lesponente di Rifondazione. «La prima cosa da fare è far sì che chi lavora oggi in Italia sia messo in regola». Inoltre «bisogna rimettere mano alla legge sul diritto dasilo. Dobbiamo andare verso una chiusura dei Cpt - continua Ferrero - realtà che non fanno onore al nostro Paese per il modo in cui vengono trattati gli immigrati». Non contento dei propositi di smantellamento della Bossi-Fini, Ferrero punta il dito anche contro la Fini-Giovanardi, ovvero la legge contro la droga approvata nella scorsa legislatura. «A quanti è capitato di fumare uno spinello? Molti sono seduti nelle stanze qui accanto, non mi sembra che sia morto nessuno» attacca Ferrero. «Dobbiamo muoverci con nettezza - spiega - bisogna dividere la repressione del commercio dei traffici di droga, depenalizzando i consumi. Non si può creare un meccanismo in cui il grande spacciatore e il ragazzino che si fa lo spinello vengono messi sulla stessa barca. Bisogna inoltre dividere nettamente le droghe pesanti da quelle leggere, riducendo il più possibile il consumo di droghe pesanti».
Allappello dei «picconatori unionisti» risponde convinto anche il neo-ministro del Lavoro, Cesare Damiano. Questa volta nel mirino entra la riforma delle pensioni. «Voglio dirlo con chiarezza: sulla previdenza correggeremo le distorsioni» dice lesponente diessino. «Lo scalone lo è, penalizza una intera fascia di lavoratori». E intenti bellicosi vengono annunciati perfino dal moderato Clemente Mastella: «Serve subito un decreto per bloccare la riforma Castelli». Per il neo-ministro della Giustizia occorre «segnare la fine della guerra fredda tra magistratura e politica» ed evidentemente scatenare quella con lopposizione. «Lipotesi politica su cui lavoro è un decreto legge che sospenda alcune parti della riforma su cui i magistrati sono fortemente recalcitranti». E se il ministro dellIstruzione Giuseppe Fioroni, pur usando il fioretto, promette di rimettere mano alla legge Moratti, Paolo Gentiloni per andare allassalto della legge Gasparri impugna direttamente la scimitarra. «La legge Gasparri è superata. La quotazione Rai non cè. Il passaggio al digitale terrestre non si è realizzato. Accantonarla è inevitabile».
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