Daniele Petraroli
Una volta lEsquilino era un rione storico del centro di Roma. Una volta, appunto. «Oggi, bisogna dirlo con chiarezza, qui gli italiani sono una minoranza etnica». A parlare è Fabio Rampelli, consigliere regionale di Alleanza nazionale. I dati forniti sono impressionanti in effetti. In meno di cinque anni i negozi gestiti da italiani sono quasi dimezzati mentre quelli della comunità cinese sono più che raddoppiati. I primi sono passati dai 1.058 del 2000 ai 656 del marzo scorso mentre i secondi sono diventati 497 contro i 228 che erano. E se si aggiungono i 224 gestiti da stranieri di altre nazionalità gli esercizi commerciali italiani diventano minoranza.
Ma quel che preoccupa di più è il modo in cui si è realizzata questa «invasione». «Loperazione della Dia del primo luglio scorso - ha spiegato il consigliere di An in I Municipio Federico Mollicone - ha confermato le denunce che da oltre dieci anni facciamo rispetto alla commistione fra criminalità organizzata italiana e cinese che ha causato la chiusura di molti negozi italiani allEsquilino. Per la prima volta si è potuta appurare la relazione che lega il riciclaggio di denaro sporco con lacquisto di negozi da parte dei cinesi». Due esercizi commerciali appartengono infatti a uomini arrestati la settimana scorsa mentre unaltra ventina di negozi sono stati controllati dalle forze dellordine.
Ma in che modo sarebbero legati i nuovi esercenti della zona alla mafia cinese? «I soldi per lacquisto dei negozi - la risposta di Rampelli - proverrebbero dalle Chinatown svizzere e newyorkesi. In tal modo anonimi personaggi avrebbero la disponibilità economica per acquistare i negozi italiani».
Per risolvere la situazione An chiede una riunione del Comitato provinciale per lordine e la sicurezza pubblica e un piano di verifica capillare per identificare chi gestisce realmente le attività commerciali cinesi allEsquilino. «Al posto di un bar, per esempio si ricavano tre negozi di abbigliamento senza alcun mercato - ha continuato Mollicone -, qualcuno deve spiegarci come sia possibile». La pazienza della cittadinanza ormai è al limite e il rischio di episodi di intolleranza sempre possibile. «Non ce labbiamo certo con la comunità cinese - ha voluto precisare Rampelli - ma lillegalità va espulsa dallEsquilino. E in ogni caso va salvaguardato il commercio tradizionale italiano. La colpa di questa situazione è dellamministrazione Rutelli e di quella Veltroni. Hanno fatto demagogia sul rione multietnico senza preoccuparsi dei problemi dei cittadini».
E gli abitanti dellEsquilino sono ormai al limite. «Quello di piazza Vittorio è prima di tutto un problema di ordine pubblico - le parole di Felice, istruttore di pugilato -. Se gli extracomunitari vengono qui e lavorano onestamente sono ben accetti. Bisogna però controllare chi delinque e chi non rispetta le norme». Armate di scopettoni e detersivi poi alcune casalinghe hanno «ripulito» simbolicamente la galleria della piazza. «Siamo stanche di questo degrado e questa sporcizia», è il commento unanime. Intanto una bandiera italiana sventola su una pizzeria come si trattasse di una «Little Italy» qualunque di una città straniera e non del centro di Roma. «Ci batteremo sempre per litalianità - ha concluso Rampelli polemizzando con esponenti del suo stesso partito - anche contro gli esponenti di An che intessono rapporti con le comunità cinesi o con chi continua a chiedere il voto per gli immigrati alle amministrative».
Anche le condizioni di piazza Vittorio sono disastrose. «Ci siamo battuti per anni per ristrutturare la pavimentazione storica della piazza - è stato il commento del consigliere comunale di An Marco Marsilio - e dopo nemmeno quattro anni questo è il risultato.
Questo è lEsquilino. Sempre meno Italia e sempre più periferia del Celeste Impero.
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