Cronaca locale

I negozianti cercano Prodi: «Temeva di pagare il conto?»

Marinoni, presidente dei panificatori: «Ha perso l’occasione per capire chi è la gente operosa del commercio»

I negozianti cercano Prodi: «Temeva di pagare il conto?»

«Ma dov’è Prodi? Ci sono un paio di cosette che gli devo dire». Augusto Marinoni lo cerca, «gli devo spiegare quanto costa un chilo di pane» dice il presidente dei panificatori milanesi. Ma il leader dell’Ulivo non c’è: «Ha perso l’occasione per capire chi è la gente operosa del commercio e per comprendere che Milano è una città che investe nella solidarietà e nella legalità». E con Marinoni c’era anche la proprietaria di quel bar a due passi da corso Buenos Aires che, sabato, si è trovata una vetrina in mille pezzi: «Costo? Più di duemila euro. Guadagno che devo a chi sostiene questi delinquenti, a chi li coccola e gli dà pure uno strapuntino in Parlamento».
Ma c’è anche quell’altro negoziante che vorrebbe dire «quattro paroline ai signori dell’Ulivo»: «Chi mi ripaga i danni, Prodi? Oppure il presidente della Provincia che premia i leoncavallini?» sbotta osservando le sue due vetrine adiacenti all’ufficio elettorale di Alleanza nazionale, che «i prodi autonomi» hanno contrassegnato con sgorbi color verde. E c’è ancora l’edicolante all’angolo che qualcosina «da dire» l’avrebbe: «Ma a chi? A quello che non viene perché ha paura di quattro fischi? Suvvia non pigliamoci in giro: come si fa a non essere qui, stasera, a stringere la mano a chi subisce violenze? Ma come fa, come fanno poi a chiederci un voto?». Domandina retorica che è inutile rigirare agli esponenti del centrosinistra presenti in manifestazione: tutti ma proprio tutti hanno un problemino più urgente da risolvere ovvero come defilarsi, come uscire velocemente da una protesta silenziosa che li contesta. Impresa impossibile per Franco Mirabelli, segretario provinciale ds, che vagheggia di «strumentalizzazioni» mentre l’ex inquilino della Prefettura, Bruno Ferrante arriva a sostenere che «i fischi sono un onore» e, sorpresa, che «con l’Unione i fatti di corso Buenos Aires non sarebbero mai accaduti».
Dettaglio di troppo e l’ex prefetto abbandona il corteo, mentre i commercianti continuano a ricordare «in quale partito sono candidati i Caruso, gli Agnoletto e i Casarin». Leit motiv di quasi due ore, da piazza Argentina sino alla sede dell’Unione del Commercio in corso Venezia: poco meno di centoventi minuti di rabbia mista a stupore e di considerazioni che vedono sempre Prodi nel mirino come sui manifesti, quei settanta-ottanta fogli che An ha affisso sui pali lungo corso Buenos Aires. Sentimenti sottoscritti anche dai cittadini, uomini e donne che portano il calore di Milano alla fiaccolata: «Chi è assente non ha mai ragione. E se chi è assente è perché ha paura dei fischi, be’ è doppiamente in torto» annotano Francesca e Carla all’unisono, madre e figlia che dalle finestre al civico 12 di corso Buenos Aires hanno visto la barbarie, la devastazione firmata dai no global e dagli autonomi. E, adesso, anche loro, sono lì a sventolare un volantino tricolore dedicato ai «prodi autonomi».

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