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I padroni delle spiagge di Rimini? Tutti poveri

La Guardia di finanza mette sotto la lente le dichiarazioni dei redditi di 150 gestori di lidi nella capitale del divertimento Nel 2006 hanno dichiarato in media meno di 5mila euro. Solo in 34 hanno ammesso di averne fatturati più di 10mila

I padroni delle spiagge di Rimini? Tutti poveri

RiminiIl fisco ha presentato il conto agli stabilimenti balneari che hanno tirato troppo la corda nella dichiarazione dei redditi. Nel Riminese 150 sono finiti sotto la lente della direzione provinciale dell’agenzia Entrate. «Dopo un’attenta attività di intelligence - fanno sapere i detective dell’erario -, concentrate le ispezioni sui titolari di attività balneari a maggior rischio evasione, con redditi medi del tutto irrisori». Alcuni nel 2006 hanno dichiarato meno di 5 mila euro. Solo 34 su quei 150 hanno comunicato al fisco oltre 10mila euro, con un massimo di circa 16 mila. Venticinque titolari hanno scelto l’adesione all’accertamento, come fece Valentino Rossi, un paio d’anni fa, con un recupero medio di 35mila euro di maggiori ricavi non contabilizzati. «I controlli - aggiunge l’agenzia delle entrate - ricostruiscono il giro d’affari reale attraverso significativi indicatori di produzione: il numero di ombrelloni, i lettini e le cabine a disposizione dei clienti; i listini prezzi affissi presso le strutture di ricezione».
Sulla riviera romagnola i prezzi non sono certo i più alti d’Italia, le cifre però sono talmente elevate che il divertimentificio garantisce guadagni ragguardevoli. Sui 110 chilometri di spiaggia da Comacchio a Cattolica le presenze annuali sono 40 milioni, con un 20% di stranieri, metà dei quali tedeschi. 1424 gli stabilimenti, 220mila gli addetti, 800 i bagnini; 4mila gli alberghi, 2200 fra ristoranti e pizzerie. Il volume di affari è di 18 miliardi di euro.
Rispetto al 2008 i gestori dei bagni vedono un 20% di persone in meno. Certe zone continuano a lavorare moltissimo, altre, come Marina Centro, dalla clientela più alta, avvertono maggiormente il peso della crisi. «Posso portare la mia esperienza personale - racconta Fabio Grassi, relazioni esterne dell’Apt di Rimini -: ho affittato per l’intera stagione l’ombrellone al bagno Valli, di Cesenatico. Una buona metà è pagata così, in maniera forfettaria. In tutto qui ce ne sono 120, ciascuno costa 14 euro al giorno. Il business è circoscritto a 100 giornate».
A prezzo pieno e a spiaggia piena farebbe 168mila euro di ricavi. Altro esempio, il bagno 26 di Rimini, con 200 postazioni. «Pratichiamo ancora la tariffa del 2007 - ricorda Gabriele Pagliarani, gestore fantasioso come il fratello Fabrizio -: 16 euro al dì per un ombrellone e due lettini. L’arenile non si riempie mai: abbiamo pacchetti con gli alberghi, a 5-6 euro per lo stesso servizio. Nella realtà non resta tanto. Da un anno all’altro non si lavora mai uguale, adesso siamo al 50%, fra crisi e maltempo. Sinora sono andati male ben sei weekend».
Nessuno però vuole entrare nel merito dell’evasione fiscale. «Bisogna sapere di questo mestiere, considerare pure l’inflazione. Chi pensa che i titolari dei bagni siano i veri ricchi della Romagna sbaglia di brutto, al limite lo sono gli albergatori, noi finiamo sotto le loro unghie». I turisti peraltro pagano caro quello che lo Stato concede quasi gratis. I gestori delle spiagge italiane spendono 40 milioni di euro, ricavando 2 miliardi a stagione. Sono pure taccagni perché pagano loro i bagnini, e a Rimini la categoria sciopera per avere un ritocco di appena 35 euro al mese. I marinai di salvataggio si asterranno dal lavoro domenica 23, dopo la protesta dello scorso sabato, in parte vanificata dalla precettazione. Lavorerà regolarmente chi aderisce a Confesercenti e Confcommercio, le due associazioni hanno firmato il rinnovo del contratto integrativo. Incroceranno le braccia solo gli iscritti a Oasi Confartigianato e Lega delle Cooperative.

I «baywatchers» hanno muscoli e pure cervello, qualcuno avrà chiesto di vedere le dichiarazioni dei redditi dei boss.

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