Controstorie

I «Passerotti» italiani cantori del folk tedesco Sconosciuti in patria all'estero sono dei divi

Gli Spatzen spopolano in Austria e Germania Collezionano dischi e date sold-out dal 1983

Angelo Allegri

C ome loro ci sono Al Bano, Pupo e pochi altri. Anzi, se si guarda subito a Nord delle Alpi di paragoni non se ne possono fare proprio: ormai da un paio di generazioni i Kastelruther Spatzen, i «Passerotti di Castelrotto» sono di gran lunga i più celebrati cantanti italiani nel mondo di lingua tedesca. Certo, nella Penisola non li conosce praticamente nessuno, e i loro fan in Germania e Austria farebbero fatica a identificarli tout court con la canzone italiana. Eppure così è: i 7 musicisti del gruppo hanno tutti casa e radici (salvo uno, lo straniero del complesso, che arriva dalla tedesca Würtzburg) a Castelrotto, grazioso paesino ai piedi dell'Alpe di Siusi, una manciata di chilometri da Bolzano.

I «Passerotti» altoatesini sono i re indiscussi della cosiddetta Volksmusik, la musica folk popolarissima in Austria e Germania, ma in realtà ascoltata in mezza Europa del Nord: ritmi facili, melodie orecchiabili al limite della puerilità, testi semplici che parlano di amore e di montagne. Il tutto suonato sull'aia di un tipico maso, o in un tendone tipo OktoberFest, indossando pantaloni tirolesi, camicioni multicolori e giubbotti tradizionali. Di questo mondo, che muove attenzione e fatturati del tutto sconosciuti in Italia, i Kastelruther Spatzen sono protagonisti dal 1983, anno del loro primo disco d'oro. La canzone di allora, Das Mädchen mit den erloschenen Augen, La ragazza dagli occhi spenti, raccontava la storia di una giovane che lascia il suo paese per la città e che lì finisce per perdersi; solo il ritorno tra le montagne la salverà. Da quel momento in poi è stato un successo dietro l'altro: decine di milioni di cd venduti, innumerevoli dischi d'oro e di platino, ogni anno decine di concerti-evento. A impressionare è la longevità artistica del gruppo: dopo due travolgenti decenni tra gli anni Ottanta e i Novanta, i «Passerotti» sono diventati un classico del genere. I loro concerti sono fissati da oggi al 2020 e molti sono già esauriti: Monaco di Baviera, Norimberga ma anche Rostock, sul Mar Baltico, con tappe in Svizzera, Austria e un po' dappertutto in Germania, soprattutto nei Laender della vecchia Ddr. I fan club sono più di cento, ce ne sono anche in Francia, Belgio e Svezia. Uno, con una trentina di appassionati, è a Milano; in Svizzera il club di Ormalingen, nel Cantone di Basilea campagna, ha 654 iscritti. Come ogni anno, anche nel 2018 la data più importante è fissata per ottobre, con la Spatzenfest. Nel weekend tra il 12 e il 14 i «Passerotti» daranno appuntamento ai supporter proprio all'Alpe di Siusi: 30mila persone si sono già prenotate, ma visto l'anniversario, i 35 anni dalla prima grande hit, di spettatori in arrivo da mezza Europa se ne attendono 50mila, come e più del concerto di una rockstar internazionale.

Per un osservatore non esperto resta difficile stabilire quale sia la ragione del travolgente e così durevole successo. Forse a dare un contributo è proprio quel soffio di «italianità» che chi vive al Nord intravede nell'Alto-Adige: terra di lingua tedesca ma già, come suonava il testo di una fortunata campagna pubblicitaria, «sul lato soleggiato delle Alpi». Da parte loro i «Passerotti» e gli autori delle loro canzoni hanno spesso accentuato questo aspetto, utilizzando in abbondanza parole ed espressioni in lingua italiana, alternandole a quelle tedesche. Tra i loro titoli più popolari: «Che bella la vita», «Ciao amore», «Gloria alla montagna». Altro elemento di sicuro successo è la bellezza del paesaggio altoatesino, utilizzato dal gruppo come sfondo immancabile di video e trasmissioni tv. È lo stesso panorama a fare, per così dire, da garante della genuinità della musica dei Kastelruther Spatzen. Che nelle loro biografie non tradiscono il modello dell'assennato uomo di montagna. Norbert Rier, classe 1960, frontman e prima voce del gruppo, di mestiere fa il contadino e con i quattro figli conduce un maso, secondo la migliore tradizione sudtirolese. Contadino è anche Valentin Silbernagl, uno dei fondatori, che nel gruppo suona il sassofono. Walter Mauroner (tromba), 62 anni come Silbernagl, è carrozziere e la sua famiglia gestisce museo e shop dedicati ai «Passerotti» nel centro di Castelrotto. Non manca l'intellettuale, Kurt Dasser, il chitarrista, che insegna matematica e biologia alle scuole medie.

Non che la navigazione degli Spatzen sia sempre stata senza scossoni. Nel novembre del 2012 la Bild, il quotidiano più diffuso in Germania, «sparò» in prima pagina che la loro musica era un falso: negli studi di registrazione a suonare erano musicisti professionisti e non i componenti della band. La difesa degli interessati fu semplice e tutto sommato convincente: nei concerti live a cantare siamo sempre noi, ma, è vero, quando prepariamo un cd, per ottenere la migliore qualità ci facciamo affiancare da strumentisti esterni. Ben più drammatica fu un'altra vicenda, diventata in Germania e Austria un feuilleton a metà tra il delitto di Cogne e un giallo alla Chi l'ha visto?. Nel 1998, lungo una via di periferica di Magdeburgo, nell'ex Germania Est, fu trovato morto con la testa spaccata Karl-Heinz Gross, manager del gruppo e fratello di Albin, ancora oggi uno dei componenti della band. Scartata la rapina (la vittima aveva in tasca settemila marchi che non furono toccati) si vagliò ogni ipotesi. La polizia creò una task foce formata da venti investigatori e si giunse perfino a sospettare di alcuni componenti del fan club locale, ma del delitto non si è mai venuti a capo.

Storie passate, oggi gli appassionati sono in attesa dell'ultimo album del gruppo (dovrebbe essere il numero 39) in uscita il 28 settembre. Il titolo è un programma: «C'è sempre tempo per invecchiare».

La leggenda della Volksmusik all'italiana continua.

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