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I pm di Napoli riesumano le solite vecchie accuse per arrestare Cosentino

Il coordinatore Pdl coinvolto in un’operazione contro i Casalesi. Tra gli indagati altri politici e il presidente della Provincia, Cesaro

I pm di Napoli riesumano  le solite vecchie accuse  per arrestare Cosentino

L’ex sottosegretario all’Economia e coordinatore campano del Pdl, Nicola Cosentino, e il presidente della Provincia di Napoli, Luigi Cesaro, sono la «selvaggina pregiata» finita nel carniere dell’ultima inchiesta della Procura di Napoli su camorra e politica, che ieri ha portato all’arresto di 56 persone. Oltre ai due parlamentari (per Cosentino è stato chiesto l’arresto alla Camera, mentre Cesaro è indagato a piede libero per violazione di una norma bancaria), risultano coinvolti anche l’ex sindaco di Casal di Principe, Cipriano Cristiano, consiglieri e assessori comunali e provinciali, nonché il responsabile della filiale Unicredit di Roma Tiburtina e il responsabile della gestione crediti per il Sud Italia.

L’indagine ruota attorno alla costruzione (mai realizzata) del centro commerciale «Il Principe» a Casal di Principe e – scrive il gip – al «finanziamento bancario per un importo di 5,5 milioni di euro (e specificamente una apertura di credito in conto corrente con scadenza 15.1.2008 garantita da una falsa fideiussione Mps)» a favore di Nicola Di Caterino, imprenditore titolare della società «Vian srl» considerata in affari coi Casalesi, per il quale si sarebbero attivati sia Cosentino che Cesaro in qualità di «sponsor politici dell’intrapresa». Un’operazione costruita a tavolino, secondo il pool di pm napoletani guidato da Woodcock «nella consapevolezza che l’attività imprenditoriale in questione coinvolgesse interessi economici del clan dei Casalesi» a fini elettorali.

PENTITI? «DA INTERPRETARE»
Le accuse a Cosentino & Co. vertono in gran parte sulle dichiarazioni di pentiti che si soffermano sul «rapporto politica-associazione mafiosa». Un rapporto – osserva però il gip - non facile da accertare (Cesaro è stato indagato solo per aver accompagnato Cosentino in banca) in mancanza di fatti «di semplice ed evidente lettura» e che, per essere pienamente interpretato, ha bisogno di un «quadro più ampio che tenga conto dell’indagine nel suo complesso e delle altre risultanze investigative e procedimentali anche relative ad altri filoni di indagine».

L’INCHIESTA DOUBLEFACE
È forse per questo motivo che, per puntellare la nuova indagine, il gip rispolvera gran parte della vecchia inchiesta su Nicola Cosentino (alla sbarra per concorso esterno in associazione camorristica in un processo che procede stranamente senza fretta) e la riversa nella nuova ordinanza, in cui il leader del Pdl campano viene definito «referente politico nazionale del clan dei Casalesi» nonostante non vi sia ancora una sentenza passata in giudicato. Quella tra politica e clan, per gli inquirenti, è un’osmosi «che genera effetti patologici nel settore elettorale, economico e istituzionale».

PARLAMENTARI FOTOGRAFATI
All’incontro con i vertici dell’Unicredit, sia Cesaro che Cosentino - nonostante siano parlamentari e quindi tutelati da precise prerogative - vengono fotografati dalla polizia giudiziaria davanti la banca in via Bari, a Roma. Un po’ come accadde, un anno fa, ad Alfonso Papa per la P4.

DISABILI E TESTIMONI DI GEOVA
L’inchiesta racconta, infatti, anche come i Casalesi riuscivano a pilotare le elezioni amministrative. Nel 2007 grazie a falsi documenti procurati con la complicità di dipendenti comunali, i «soldati» del clan si sostituivano a specifiche tipologie di iscritti alle liste elettorali – come i malati di mente, gli anziani che vivevano lontano dal Comune, o i testimoni di Geova (che per motivi religiosi non votano) esprimendo al loro posto i voti per i candidati della cosca. Nel 2010 parte il sistema della «scheda ballerina» portando fuori dei seggi le schede in bianco che, dopo essere state contrassegnate col voto (pilotato) di preferenza, venivano consegnate ad altri elettori che la depositavano nell’urna e di consegnare a sua volta al clan la propria scheda bianca.

IL FAVORE ALLE SUORE
Ancora le amministrative, del 2010 a Casal di Principe. Antonio Corvino, candidato al consiglio comunale e anche al consiglio provinciale di Caserta, favorisce per avere voti l’assunzione di una donna per fare un favore alla Congregazione delle figlie di nostra Signora del Sacro Cuore. Nell’ordinanza un’intercettazione tra lo stesso Corvino e tale suor Isidora. Il candidato ricorda alla religiosa che per ottenere l’ assunzione è necessario che lei scriva «due righe», «una richiesta». La suora conferma: «Io la domanda già l’ho fatta. Già sta al Comune ... noi dobbiamo stare attenti ed a posto con le carte». Poi la suora chiede: «Ma ti candidi alla Provincia?» ed avuta risposta affermativa replica: «Uhè, se vai alla Provincia fai qualcosa per questo Istituto».

«QUI NON STIAMO A MILANO…»
A un certo punto sorgono i primi problemi sulla realizzazione del centro commerciale. Di Caterino al telefono parla con un amico di «pressioni» non più sostenibili. «Noi non stiamo a Milano, stiamo a Casal Di Principe, tenetelo presente, poi a voce ti spiego il contesto in cui ci stiamo muovendo». Poi in un’altra telefonata riferisce una minaccia ricevuta non si sa bene da chi: «Ti abbiamo dato spazio, tempo, non sei stato in grado, togliti di mezzo».

I TICKET MENSA PER UN VOTO
Sempre alle elezioni del 2010 i pm accusano Corvino di aver comprato i voti offrendo non solo soldi (100 euro a voto) ma anche tagliandi per le mense scolastiche della scuola dell’obbligo. Dice un pentito: «Egli in particolare, non so come, riusciva a rubare dei blocchetti di buoni pasto dalle mense comunali e le dava a chi gli prometteva il voto».

CAMORRA BIPARTISAN
Forza Italia o l’opposizione guidata dall’Udeur, per i Casalesi non faceva gran differenza. È la «teoria dei due forni», sottolinea il pm. E il pentito Grassia: «Per noi del clan o vinceva Cipriano (centrodestra) come poi ha vinto o vinceva Ferraro (centrosinistra) era sempre la stessa cosa, nel senso che chi comandava eravamo sempre noi e i politici di qualsiasi bandiera seguivano le nostre richieste, eseguivano i nostri ordini specie in materia di appalti».

IL CANTANTE NEOMELODICO
È ancora Grassia a parlare del noto cantante neomelodico Ciro Ricci «felice e contento di stare in mezzo ai camorristi (…). Veniva in mezzo a noi a Casal di Principe e si intratteneva per passare il tempo». Il pentito Tartarone: «Cantò una volta in favore di Ferraro (candidato del centrosinistra, ndr). Era pagato dal clan in occasione di varie ricorrenze, una volta gli vennero dati 5mila euro di un’estorsione».

L’AVVOCATO DEI DS
Nel calderone del voto sporco, compaiono anche i «compagni». Come l’avvocato Arturo Cantiello, accusato di frode elettorale e falso per aver autorizzato al voto elettori senza carta di identità.

ESCORT IN COMUNE
Antonio Corvino utilizzava il suo ufficio nel Palazzo comunale per fare sesso con escort. Al telefono con un amico: «Ce le portiamo sopra il Comune... Nella stanza mia là e voglia di fare...».

«TI SPARO IN TESTA»
Il boss Demetrio Corvino viene intercettato mentre minaccia un uomo invitandolo a salire in auto e, mostrandogli una pistola Smith&Wesson, gli chiede di indicargli dov’è che si trovi un loro conoscente a cui «vuole sparare in testa»

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