I pm vogliono i verbali di Lusi: indagini estese anche al partito

Patricia Tagliaferri

RomaAlla fine la Procura è stata costretta ad un cambio di passo non previsto nell’inchiesta sull’ex tesoriere della Margherita. Dopo l’audizione di Luigi Lusi davanti alla Giunta delle elezioni e delle immunità parlamentari i magistrati si sono decisi ad allargare il campo delle indagini: dal solo Lusi, al flusso di denaro dell’intero partito, comprese le società e le fondazioni che potrebbero aver ricevuto soldi per finalità non politiche.
La Procura ha già inviato a Palazzo Madama la richiesta di acquisizione del verbale con l’attacco del senatore ai suoi ex colleghi, dalla Bindi a Fioroni, Franceschini e Gentiloni. Ma l’intervento è stato trascritto solo in modo sommario dopo l’opposizione del Pd alla richiesta di registrazione integrale dell’intera seduta avanzata dal relatore del Pdl Ferruccio Saro e i magistrati, ora, si troveranno in mano un documento parziale ed inutile. Il presidente Renato Schifani ha subito accolto la richiesta dei pm e trasmesso al presidente della giunta Marco Follini il documento inviato dagli inquirenti affinché chieda ai commissari una deroga ai principi di riservatezza degli atti interni previsti dal regolamento. Follini sta pensando se sia il caso di rivedere le regole per far sì che le riunioni della Giunta siano rese di dominio pubblico e Gaetano Quagliarello, Pdl, gli ha chiesto di valutare la trasmissione degli atti ai pm: «Siamo garantisti a trecentosessanta gradi».
La dirigenza della Margherita ha reagito con durezza, annunciando querele e azioni collettive. Ma anche Lusi è passato al contrattacco, dando mandato ai suoi legali di procedere in sede giudiziaria contro chi lo ingiuria e gli chiede di fornire le carte a supporto delle sue dichiarazioni. «Chi sostiene questa tesi - afferma l’avvocato Luca Petrucci - non ricorda, o finge di non ricordare, che tutta la documentazione contabile è in possesso della sola Margherita e che proprio la difesa di Lusi ha chiesto, senza successo, che si arrivasse ad una perizia per accertarne i contenuti». In realtà la Procura era già arrivata da sola a verificare i bonifici effettuati da Lusi a favore di alcune società vicine ad esponenti del partito, come la M&S Congress, l’azienda catanese legata al marito della segretaria dell’ex ministro Enzo Bianco, che tra il 2009 e il 2011 avrebbe ricevuto 150mila euro. Gli inquirenti stanno esaminando la documentazione per verificare se il denaro della Margherita sia stato destinato ad attività politiche o utilizzato per scopi diversi e illeciti. Al momento la Finanza non ha rilevato irregolarità, ma l’esame delle carte continua anche sui soldi destinati alle fondazioni, compresa la Cfs di Francesco Rutelli, tirato ancora una volta pesantemente in ballo. All’ex sindaco di Roma sarebbero andate ingenti somme di denaro in corrispondenza delle campagne elettorali, delle vacanze natalizie e estive. Accuse che il leader di Api definisce «radicalmente false e gravissimamente infamanti, rese ancora più incredibili dalle dichiarazioni al Fatto Quotidiano». In una conversazione con il giornale di Padellaro, infatti, Lusi è andato oltre, raccontando che sarebbe stato lo stesso Rutelli a suggerirgli di «immobilizzare un po’ di patrimonio del partito» per far sì che una volta esaurita la liquidità dei Dl avrebbero «avuto i fondi per fare ancora politica». Sarebbe stato il suo capo, addirittura, ad indicargli la strada degli investimenti esteri, in Canada, dove gli investigatori hanno trovato parte del tesoro scomparso.
La contro-mossa del leader di Api è stata immediata: lunedì l’avvocato Titta Madia presenterà in Procura una denuncia per calunnia. Anche nella memoria difensiva depositata in Senato Lusi ribadisce che tutte le spese, e gli investimenti immobiliari, erano effettuati sulla base di un mandato fiduciario da parte del partito. Un’autodifesa tecnica, la sua, dove non c’è traccia dei nomi dei politici fatti in Giunta per convincere i senatori a dire no al suo arresto. Nelle pagine ora al vaglio dei commissari l’ex tesoriere spiega perché si ritiene vittima di fumus persecutionis ed esclude, motivandolo, il pericolo di fuga.

Poi rimprovera ai pm di essersi fatti condizionare dalla lettera scritta da Rutelli, Bianco e Giampiero Bocci l’8 febbraio in cui i tre ex dirigenti della Margherita si dichiaravano parte offesa e consigliavano di concentrare le indagini su Lusi escludendo i vertici del partito.

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