Napoli - Una procura di pm asini e fanatici. Solo due anni fa il procuratore generale di Napoli, Vincenzo Galgano, ebbe a definire così i sostituti procuratore guidati da Giovandomenico Lepore indispettiti per la trattazione garantista dell’affaire rifiuti-Bertolaso: "Ci sono pm che perseguono interessi personali (...) e ci sono casi in cui la certezza delle proprie idee diventa fanatismo (...), il fanatismo di alcuni pm può essere strumentalizzato dall’esterno per lotte politiche, campagne di stampa, trame cui la magistratura dovrebbe rimanere estranea". In genere si dice che il sistema funziona e poche mele marce rischiano di rovinarlo. Galgano, a proposito di certe toghe, sostenne esattamente il contrario: "Gli altri (uffici giudiziari, ndr ) hanno cento cavallucci. Noi dieci stalloni di razza, ma novanta asini". Se l’ufficio giudiziario più antiberlusconiano del Paese sia davvero un concentrato di cavalli zoppi o di ciucci da mostra, non è dato saperlo. Sul fanatismo di taluni pm si potrebbe anche discutere, ma sarebbe un problema di poco conto se l’Ufficio funzionasse a pieno regime. Purtroppo la procura di Napoli, concentrata com’è a inseguire Berlusconi e i berlusconiani campani, procede a rilento, incespicando fra problemi d’ordinaria burocrazia, sovraccarichi di lavoro, discutibili metodologie di lavoro e "selezioni" delle ipotesi di reato che sembrano essere perseguite più per resa giornalistica che di giustizia.
Intercettazioni Fra le accuse che vengono mosse a Woodcock e compagni c’è l’usoabuso di intercettazioni dal rilievo penale non sempre evidente. Quando vennero depositate le intercettazioni sulla P4 un avvocato fu costretto a reclinare in avanti i sedili posteriori del suo Suv perché nell’immenso portabagagli non riusciva a far entrare tutte le trascrizioni delle 70mila intercettazioni. Un caso abnorme, ma non proprio infrequente. Come attesta il ministero della Giustizia alla voce "aperture di credito per spese di intercettazioni telefoniche, telematiche e ambientali", per 9 mesi di "ascolti" alla procura di Lepore sono arrivati 13 milioni di euro. Un quinto degli intercettati d’Italia, pari a 11.900 operazioni (9 per cento in più rispetto all’anno precedente), viene beccato al cellulare, a casa, in auto o in ufficio, direttamente dalla sala ascolto nel Centro Direzionale napoletano. Quest’incessante lavorio di intromissione nella vita altrui, per il primo semestre del 2010, è costato 11 milioni e 600mila euro (fonte Sole24ore ). Per chi non lo avesse ancora capito Napoli è la procura che intercetta di più. Sarà un caso ma un ufficiale della Gdf, in palese imbarazzo, nella P4 si mosse a compassione chiedendo ai pm di interrompere un ascolto ( inutile) a Bisignani perché costava troppo.
Sentenze lumaca Checché ne dica l’iper ottimista presidente della corte d’Appello di Napoli, Antonio Buonajuto (che in occasione dell’inaugurazione dell’anno giudiziario non si è potuto esimere dal criticare pure lui "una giustizia che non mostri in prima pagina soltanto la toga del pubblico ministero relegando il giudizio e le vere sanzioni al tempo che sarà"), nell’ufficio dei pm e nei tribunali la situazione è problematica assai. Almeno due anni per una sentenza, record italiano tuttora imbattuto. Rifacendosi ai dati aggiornati al 2010, con riferimento agli effetti del cosiddetto "processo breve", Lepore ha ammesso nero su bianco che i procedimenti pendenti in primo grado a inizio 2011 sfondano quota 70mila, per rimettere a posto il casellario giudiziale occorre un anno tondo tondo, per arrivare a una sentenza di primo grado mediamente devono trascorrere 578 giorni dalla richiesta di rinvio a giudizio, da quest’ultima alla fissazione della data dell’udienza preliminare due mesi e mezzo, per la prima udienza dibattimentale, servono altri 209 giorni e altrettante notti. Se si è fortunati e se tutto va bene, ovvio. I tempi veri, a sentire gli avvocati, si allungano di parecchio.
Accanimento terapeutico Constatato l’accanimento dei magistrati campani nei confronti del politico europeo (mondiale?) più intercettato di tutti i tempi, una lettura attenta dell’opuscolo dedicato all’anno giudiziario 2011 regala a pagina 62 un passaggio esilarante che fa a cazzotti con la realtà che vede Berlusconi «attenzionato » più di un killer di Scampia: "È stata data, in generale, priorità solo temporale negli uffici di procura, ai fatti di maggiore allarme sociale, ai procedimenti con detenuti, ai reati ambientalie ai procedimenti con minor termine di prescrizione". E i fatti del Cavaliere?
La prescrizione e Radio radicale Sono numerosi i processi a rischio di estinzione per prescrizione. Il più clamoroso vede alla sbarra l’ex governatore Antonio Bassolino e altri 27 imputati per reati che spaziano dall’abuso d’ufficio alla gestione illegale dei rifiuti. Il dibattimento procede con una spettacolare lentezza, udienze fissate a distanza di mesi, dibattimento rigorosamente a porte chiuse (è stata vietata addirittura la presenza dei microfoni di Radio Radicale ). Sulla prescrizione in senso lato il presidente della corte d’Appello non ha potuto non sottolineare il pericolo di un iter sempre più farraginoso e ripetitivo del processo penale. Per Buonajuto siamo di fronte al male dei mali della giustizia:"L’implosione di un apparato giudiziario facile e disomogeneo che allungando la durata dei processi, condanna molti di essi ad estinguersi per prescrizione". Col risultato che i processi definiti per intervenuta prescrizione si moltiplicano "per un dibattimento penale che si svolge in tempi lunghi" se non lunghissimi. I numeri non hanno bisogno di commenti: su 12.758 procedimenti penali iscritti presso la Corte d’Appello di Napoli ne sono stati definiti 8.714. Restano aperti 22.354 procedimenti. Rispetto all’anno precedente si è avuto un aumento delle "pendenze" del 22 per cento. Fra le cause della prescrizione l’irregolarità delle notifiche oltre a una casistica infinita di "disattenzioni" poi rilevate con successo dagli avvocati dei boss.
Lo scandalo decorrenza termini Quanti casi di boss scarcerati per decorrenza termini.L’ultimo scivolone delle toghe è di luglio con la notizia del ritorno a casa di Enrichetta Avallone, moglie del capo dei Casalesi Antonio Iovine, sott’inchiesta per estorsione. Di capiclan tornati a casa anzitempo ce ne sono molti. Il vizio formale della mancata trasmissione ai difensori dei file audio con le intercettazioni telefoniche ha permesso a Ettore Bosti, figlio del boss Patrizio, di uscire di galera nonostante la gravissima accusa d’aver fatto ammazzare il 17enne Ciro Fontanarosa perché non voleva entrare nel clan. Così pure Antonio Ambrosino, detto ‘o pistone , del clan Russo e Pasquale Conte (poi ucciso) del rione Sanità. Oppure i cugini Antonio Sarno (liberi perché era trascorso il periodo di tre mesi a disposizione dei pm per chiedere il rinvio a giudizio). C’è ancora il paradosso del figlio di Paolo Di Lauro (il Provenzano della camorra per intenderci), Vincenzo, scarcerato dal Riesame perché nell’ordinanza mancava un paragrafo. I pm si sono difesi spiegando l’errore con un erroneo "copia e incolla" del file o alla fotocopiatrice mal funzionante. Ma il record lo deteniene il superboss Edoardo Contini, arrestato due volte e per due volte scarcerato per decorrenza termini.
Ingiusta detenzione e attesa di giudizio Gente arrestata ingiustamente, per non aver commesso il reato, perché il fatto non sussiste o perché quel fatto non costituisce reato, che chiede giustamente un ristoro economico. Napoli è in testa pure qui: i procedimenti pendenti per riparazione da ingiusta detenzione sono 497. Le statistiche confermano che in un solo anno nel capoluogo risultano 372 richieste di riparazione, più di una al giorno, festivi inclusi. Sommando le richieste di Cagliari, Bologna, Potenza, Firenze, Genova, Catania, Roma, Torino e Milano, si raggiunge a fatica il dato della sola città di Napoli. Non sappiamo se lo scarcerando Gianpi Tarantini batterà cassa ma sicuramente rifletterà sulle parole pronunciate da Lepore nel lontano 2004: "I risarcimenti per ingiusta detenzione? È inutile portare avanti un processo quando si sa che porterà a un’assoluzione". Quanto alla Legge Pinto, e al risarcimento per l’"irragionevole durata del processo", Napoli nel 2007 (ultimo dato disponibile) era seconda solo a Roma con i suoi 4.049 procedimenti. Inutile affrontare il capitolo infamante del forsennato ricorso alla carcerazione preventiva per reati non di sangue finalizzato a costringere l’indagato a parlare per uscire. A Poggioreale l’associazione Ristretti fa presente che più dei due terzi dei 2.
654 occupanti sono detenuti in attesa di giudizio, mentre Antigone al 2010, rivela che solo in 459 hanno una condanna definitiva mentre 1.539 attendono una prima sentenza. Canta Napoli, cantano i pm. E nessuno paga.- dal lunedì al venerdì dalle ore 10:00 alle ore 20:00
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