I referendum bocciano i radical chic

Egregio dott. Granzotto, visto che i nostri professori non ci riescono, perché non prova lei a spiegarci che i vincoli Ue impediscono di fare politica antirecessiva o congiunturale ma, per noi, sono necessari per impedire la riapertura dei rubinetti dei debiti? E, visto che ci siamo, consenta una seconda domanda: che cosa si aspetta per seguire l’esempio del tedesco? Si scelga la cura dei nostri malanni (meglio se dirompente). Si evitino compromessi. Si vada in Parlamento. Si incassi il voto contrario e si inviti la nazione (sì, proprio «nazione» e non Paese) a scegliere! Probabilmente anche questo mio sfogo, come i precedenti, finirà nel cestino. Ma non fa niente.


Scampato (il cestino) per miracolo, caro Soprano. Come ogni altro sfogo, anche il suo stava per precipitarvi: viviamo tempi da mugugno continuo ed è un pezzo che non ce ne va bene una (magari un paio sì, ma siano sempre a percentuali da Lista Di Pietro) e se dovessimo dar spazio agli stati d’animo dei nostri amatissimi lettori staremmo freschi. Pertanto lì, nella corba, era seppur a malincuore diretta la sua lettera quand’ecco che, all’ultimo, la mano di Enzino Meucci s’è fermata a mezz’aria. S’è fermata a mezz’aria perché tira un certo venticello, perché il mugugno sta assumendo corpo e voce, non più sfogo domestico e inoffensivo, ma arma contundente, randello che cala sulla zucca della così detta società civile. La quale nella sua prosopopea e nel suo delirio autoreferenziale ha finito per credersi il monarca di Giuseppe Gioacchino Belli, quello che «dar palazzo - mannò fora a li popoli st’editto: - “Io so io, e voi nun zete un niente (veramente la parola sarebbe un’altra, una che fa rima con palazzo e che la decenza m’impedisce di trascrivere) - sori vassalli, buggeroni e zitti”». Un paio di energiche randellate sono state calate in Francia e in Olanda sulle zucche di oligarchie politiche e intellettuali che pensavano non solo di fare ingoiare la sbobba della Costituzione europea ai «sori vassalli», ma che questi, per sopramercato, si leccassero anche i baffi.
Una terza poderosa randellata s’è abbattuta or non è guari sulle teste - più o meno «quadre» - della società tutta un frufru, tutta un radicalchicchettonare, tutta un girotondo, una Afef, una Ferilli e una Levi Montalcini, un prosecchino a Capalbio e un gin tonic a Portofino, quella società, insomma, che nella libreria di casa ha l’infilata color pastello delle edizioni Adelphi e che intese sfruculiarci col referendum sulla procreazione assistita. Per il «sì» s’erano impegnate le maggiori testate giornalistiche, falangi di «operatori culturali», gli intellettuali, uomini e donne di più o meno scienza, plotoni di attrici, attori, teatranti, cabarettisti, cantanti, il bel mondo Vip quasi al completo: a vedere le facce dei paladini del «sì» era come sfogliare Novella 2000 o cliccare sul «Cafonal» di Dagospia. Benissimo. Evviva la mobilitazione. Ma sia ben chiaro (ed è stato chiarito al di là di ogni ragionevole dubbio dall’esito del referendum) che il fatto d’essere glamour non è condizione sufficiente per pretendere di esprimere la «coscienza del Paese» e comportarsi di conseguenza come il monarca del Belli.
Ora, caro Soprano, dovrei cercare di commentare i suoi sfoghi, ma lo spazio se ne è andato tutto. Comunque, sull’Europa, dorma sonni tranquilli.

Attualmente gli eurocapataz sono impegnati a scannarsi sul bilancio comunitario e quindi hanno altro per la mente, ma vedrà che fine farà il Patto di stabilità quando toccherà loro occuparsi degli affari correnti. Altro che cestino.

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