I risparmi di una vita? Meglio darli al gatto che regalarli ai parenti

Conta molto la solitudine, il non avere nessuno da amare o il non avere amato nessuno. Ma anche la diffidenza. Per i fratelli coltelli, per i parenti serpenti. Per chi c’è solo quando deve farti i conti in tasca, per chi ti vuole bene a pagamento come le escort, ma con la scusa che siamo o non siamo la tua famiglia? Conta molto essere un po’ fuori di testa. Cioè eccentrico se sei ricco, o deficente completo se sei quello della porta accanto. Quello che hai non sarà quello che sei ma spesso è l’unica cosa che piace di te a chi ti sta attorno, la sola qualità che ti riconoscono. C’è poco da scherzare: per l’eredità si uccide e non solo nei libri di Agatha Christie. Mogli che ingaggiano killer per spedire l’altra metà al cielo, o che, eliminato l’ingombro coniugale, reclutano un sosia per firmare i documenti ereditari, ragazzini che affogano nella vasca da bagno la nonna della propria fidanzata, ex brigatisti che, finita la lotta armata senza sparare un colpo, ammazzano i genitori per uno rosso come loro, ma sul conto in banca. Ti piaccia o no, noi siamo tutto ciò che hai. Questo, se non avete capito, è il problema.
Fortunato è chi ha un futuro e chi ha un sorriso. Ma in cambio del primo c’è sempre più gente che regala il secondo. Alcuni fanno veramente tenerezza. Ferruccio Gamba, 66 anni, aveva di suo soltanto una casa a Crotta d'Adda e l’ha lasciata in eredità al Comune di Acquanegra Cremonese. Con la gratitudine dei buoni, in punto di morte, non ha dimenticato che il Comune è stato l’unico ad avergli dato un lavoro, e quindi una vita piccola, ma utile e dignitosa. Operatore ecologico, cioè netturbino. Niente di più e niente di meno. Anche l’articolo 18 ha la sua poesia. Remo Mutinelli, morto quasi centenario, ha regalato i suoi risparmi ai vicini di casa, per ringraziarli, così ha scritto, di avergli fatto sempre tanta compagnia, come a Clint Eastwood in «Gran Torino». Pensare che tante volte, nelle metropoli e dintorni, nemmeno sai se il tuo di vicino ha una faccia o una maschera. La stessa Italia di una volta della prof bolognese, una vita senza misteri e senza attese, che ha messo tutto ciò che aveva in borse di studio, datele ai migliori studenti che ci sono, il suo testamento, purchè siano anche i più bisognosi. Questo è tutto ciò che ha lasciato al mondo. Una persona piena di luce.
I ricchi raramente lasciano tutto ai poveri, semmai il contrario. Dario Cortesi Giacomozzi, viveva in Cile da barbone e altro non è stato per tutta la vita. Ma aveva in banca 400 milioni delle vecchie lire e le ha lasciate tutte a un convento di monache, caritatevoli e sincere. La sorella, che fino al giorno prima non gli ha offerto neppure un brodino a dicembre, ha subito impugnato il testamento. Angelo Giuseppe Piroddi, cameriere di Barisardo emigrato in Inghilterra, poca vita tirata con i denti, ha invece rifiutato i 2 milioni di euro, scesi poi a poco più di 600 mila, che gli ha lasciato la madre: mi ha già dato tanti di quei problemi quand’era viva, figurati se adesso mi prendo i suoi soldi, ha spiegato un po’ scocciato, quasi fosse «L’eredità» di Carlo Conti. La libertà conta più dei soldi e costa meno. Serghei Studev che invece di prendere i soldi e scappare si è barricato in casa e non è uscito più. Ereditato da uno zio 250 milioni più che le soddisfazioni da togliersi ha visto moltiplicarsi le persone che gli chiedevano prestiti.
Chi non riesce a conciliarsi con l'idea di essere diventato miliardario da un giorno all'altro grazie ad un'eredità, può contare in Germania su una consulenza patrimoniale fatta su misura per ereditieri traumatizzati, per i quali essere ricchi rappresenta un tradimento dei propri principi etico politici. Per chi proviene da esperienze politiche di sinistra, dicono, l'eredità è in primo luogo un fardello. Cosa che da noi non ha mai choccato «ricchi&comunisti» come Giuliano Pisapia, Riccardo Scamarcio o Claudio Amendola. Da qui lo spread con la Germania.

Come in tutte le regole l’eccezione c’è sempre: Michelangelo Manini, proprietario della Faac di Zola Predosa, 214 milioni di euro di fatturato nel 2011, ha lasciato tutto il suo patrimonio, comprese le quote di controllo dell’azienda di cancelli automatici, alla Curia di Bologna che ne disponga per la carità. É avere vissuto la vera ricchezza.

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