MilanoÈ una storia di sprechi faraonici: almeno 67 milioni di euro, ma probabilmente molti di più, dilapidati dal Cas, il Consorzio per le autostrade siciliane. Soldi persi a palate nelle aree di servizio che invece dovrebbero essere un forziere colmo per chi le controlla. Invece no, sono state di fatto abbandonate e le royalties incassate sono la minima parte di quelle che il Cas dovrebbe guadagnare. Con una deriva vertiginosa. La neopresidente Patrizia Valenti, arrivata alla fine del 2008 alla guida del disastratissimo baraccone, ha scoperto lennesima voragine rileggendo tutta la folle gestione dellente lasciatole in eredità dai suoi predecessori. In pratica, il Cas è stato per lungo tempo una macchina mangiasoldi, condotta senza alcun rispetto per i bilanci. Così, è saltato fuori, come ha documentato Il Giornale, che i 299 chilometri in esercizio sono presidiati da un esercito di casellanti, assolutamente sproporzionati alle esigenze del traffico. In media, in Italia cè un esattore ogni 650 transiti, in Sicilia la gestione allegra, egemonizzata dai sindacati, ha ridotto i numeri e gonfiato gli organici, malati di bulimia: oggi cè un casellante ogni 450 passaggi.
Ma questo è solo un capitolo, purtroppo non lunico nel libro bianco delle vergogne. Sul fronte delle aree di servizio, 13 in totale, la situazione è anche peggiore e le perdite sono ingenti. Il motivo? Di una banalità sconcertante: a partire dal 2000 sono scadute le concessioni con le grandi compagnie petrolifere che le gestiscono. E che cosa è successo a questo punto? Nulla, nulla di nulla. Le percentuali dei ricavi da girare al Cas sono rimaste scandalosamente ferme, immobili, pietrificate nel tempo.
I calcoli sono facilissimi, sempre che si abbia la voglia di farli: per ogni litro di carburante erogato, le società danno al Cas lequivalente di circa 20 lire. Una miseria. Il problema è che la cifra è sempre la stessa e non è mai stata adeguata, anche se i contratti sono scaduti via via a partire dal 2000-2001. Per fare un paragone, Autostrade per lItalia, quella per intenderci dellAutosole, ricava circa 140-150 lire per litro, sette otto volte di più. In Sicilia invece il concetto di aggiornamento non esiste: i contratti di 11 aree su 13 sono scaduti e nessuno si è preoccupato di rinnovarli. Con un crollo quasi alla luce del sole dei ricavi; e poiché al peggio non cè limite, il discorso va esteso anche al capitolo ristoro e market. Qui, sempre per fare un esempio, Autostrade per lItalia recupera il 19 per cento del fatturato, il Cas, francescano più dei frati, si accontenta di un modesto, quasi imbarazzante 4,5 per cento e non si è mai preoccupato di rinegoziare il rapporto con i signori del petrolio.
«Quando sono arrivata qua - racconta Patrizia Valenti - dopo la lunga stagione del Commissariamento, durato otto anni, ho scoperto che ai nostri uffici aveva bussato la Procura di Messina che ha aperto uninchiesta. Ho chiesto spiegazioni e, curiosamente, le due aree interessate, quella tecnica e quella amministrativa, mi hanno risposto in pochi minuti addossando la colpa luna allaltra. Ho atteso per un po, poi ho ripetuto la mia domanda: la risposta non è cambiata. A quel punto ho preso in mano la pratica, avocandola, e ho cominciato a studiare il cambiamento, non senza aver informato la Corte dei conti». Perché qualcuno dovrà pur rendere conto di questo scempio.
A breve, verrà scelto ladvisor che curerà le gare per il rinnovo delle concessioni. Intanto, si va avanti così: con ricavi ridotti allosso, ovvero sperperi impressionanti che paiono incredibili. La Valenti ha elaborato un modello che offre i numeri dellemorragia ancora in atto: le aree di servizio fruttano in media 1.878.935 euro lanno; dopo la gara si dovrebbe incassare, come capita per esempio ad Autostrade per lItalia, circa 11.500.680 euro. La differenza ammonta a 9.621.745 euro. Che moltiplicati per 7 anni fanno appunto 67 milioni di euro.
«Ma i nostri conteggi - spiega Valenti - sono prudenziali, minimali. In realtà le cifre sono più alte, alcune concessioni sono scadute sette anni fa, ma altre sono arrivate al capolinea prima, nel 2000 o nel 2001». Il quadro è, se possibile, ancora più catastrofico. E poi, a voler essere rigorosi, si dovrebbe discutere anche della pubblicità: la vendita di spazi ad hoc nelle Stazioni di servizio. Altrove, anche questo è un modo per far cassa, qua siamo allanno zero. Altri denari che non entrano. Altri interventi per la manutenzione, linnovazione tecnologica, la sicurezza che semplicemente non si fanno. Lasciando fra laltro lasfalto, che qualcuno ha scambiato per un campo da golf, nelle condizioni pietose in cui lo trovano quotidianamente gli automobilisti.
E la rete resta quella che è: la Messina-Palermo, la Messina-Catania.
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