I sinceri democratici si affidano ai bambini e al Barcellona F.C.

Caro Granzotto, lei che è un attento osservatore del «sistema Repubblica» intesa come quotidiano di proprietà di Carlo De Benedetti è in grado di rivelarci cosa stanno preparandoci i «repubblicones»? Usciti sconfitti dalla guerra delle Dieci Domande, fallita anche l’offensiva delle escort è vero che stanno rivedendo la strategia tirando i remi in barca e abbassando i toni dell’antiberlusconismo?
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La Repubblica non è una barchetta a remi, caro Traverso. È una nave da guerra armata e attrezzata per la scorta ai convogli (la sinistra dei «sinceri democratici»): quella che in termine marinaresco si definisce una fregata. Essendo una fregata e non so se mi spiego, la Repubblica non fa dunque uso di remi e rematori. A Largo Fochetti è la mente che conta, non il braccio. Menti in subbuglio dopo le tranvate prese con l’antiberlusconismo sgallettato, menti che si strizzano per delineare una nuova via maestra sulla quale indirizzare la società civile e/o politica che vuole salvare se stessa e, va da sé, il Paese. I risultati di tanto pensare già si conoscono, e mica è robetta da prendere sottogamba. In primis il partito di Repubblica rinuncia alla obsoleta contrapposizione destra-sinistra. Le «Italie in conflitto» saranno rappresentate - si allacci le cinture di sicurezza, caro Traverso perché qui siamo sulle montagne russe dell’intelletto - da chi fa il tifo per il Milan o l’Inter e da chi invece tifa Barcellona o Manchester United. Detta così fa ridere, però se si va «nello specifico», per usare l’italiano di massa, la musica cambia. Sappia dunque, caro Traverso, che certi ragazzini non eleggono più la squadra del cuore scegliendola fra le nostrane, ma fra quelle forestiere. «È un piccolo segno - scriveva il più tosto degli ideologi di Largo Fochetti, farne il nome è superfluo, lo conoscono tutti - di come l’idea di patria europea e di mondo globale sia entrata sottopelle alle nuove generazioni. Ed è questa la nostra salvezza». Perché? Ma come perché, perché i ragazzini italiani tifosi del Barcellona rappresentano «un’Italia orgogliosa ma anche felice di stare nel vasto mondo». Non quella schifosissima «Italia contenta di sguazzare nelle proprie anomalie» capace solo d’aver prodotto «cinquant’anni di democrazia senza alternative di governo e il berlusconismo». Quella schifosissima Italia, cioè, che ha sempre sgambettato il comunismo e il postcomunismo, al contrario dell’altra, quella che tifa Barcellona, che ha invece prodotto, mica no, «la Costituzione più avanzata dell’occidente».
Bene, «queste due Italie sono al confronto finale». Però attento, caro Traverso: le due Italie sono poi quattro, due ciascuna all’interno della destra e della sinistra. Nella destra c’è l’Italia «anomala» che «adora il capo» (Berlusconi) e l’Italia sana che intende «costruire una destra europea» (Fini). A sinistra c’è l’Italia insana degli «eredi del Pci» e l’Italia sana che organizza «la manifestazione “No Berlusconi”» la quale, «sconfessata dalla sinistra ufficiale, poggiava su una base di ventenni». Tirando le somme, i repubblicones prefigurano dunque, per la salvezza del Paese, un’Italia a mezzo tra Gianfranco Fini e Beppe Grillo. «Io sono ottimista sul futuro - concludeva il tosto ideologo di Largo Fochetti - per via dei bambini che tifano Manchester o Barcellona e domani saranno adulti consapevoli di vivere in Europa e non in uno strano Paese dove accadono cose anomale». Anche noi siamo ottimisti. Molto ottimisti.

Se i «sinceri democratici» antropologicamente diversi sono ridotti alla canna del gas tanto da correr dietro ai bambini che tifano Manchester o Barcellona, salvo restando l’eventuale interesse del Telefono Azzurro, tutto bene (anche perché, esaurito il filone maschietti, potranno sempre mettere in conflitto le due Italie delle bambine che giocano con la Barbie e di quelle che giocano a rimpiattino. O a girotondo, perché no?).

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