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I sogni mondiali delle azzurre infranti contro il muro russo

Francesco Rizzo

Nella foresta della Russia, fitta di atlete alte e potenti, con braccia lunghe e tese come rami, l'Italia del volley donne smarrisce il suo oro mondiale. Perdiamo 3-0 (a 19, 16, 20) la semifinale iridata giocata a Osaka, in Giappone: all'alba di stamane (differita su Rai Sport Sat dalle 15) si sono già disputate le due finali, quella per il titolo, fra le russe vice campionesse olimpiche ad Atene e il Brasile. e quella per il bronzo, con le azzurre opposte allo stesso avversario con cui avevano cominciato (perdendo) questo mondiale, la Serbia-Montenegro. Le serbe hanno infatti ceduto ieri 3-1 alle sudamericane, come da pronostico, restando in ogni modo la rivelazione della rassegna. Pure il successo delle russe sull'Italia rispetta le previsioni, anche valutando il bilancio delle sfide nel 2006, visto che è il nostro sesto ko contro di loro in sette match. Ma nel corso dell'estate, per quattro volte le azzurre avevano ceduto alle gigantesse in rosso dopo il quinto set. Questa volta hanno resistito appena 67 minuti.
Un italiano felice, almeno ieri, c'era comunque e risponde al nome di Gianni Caprara, il 44enne selezionatore bolognese delle russe, che ora, Brasile permettendo, acquisterà il credito che andava cercando a Mosca. Caprara parla con entusiasmo del bacino di giocatrici di cui dispone la sua nazionale, dice che bisogna progredire nel lavoro di potenziamento ispirandosi proprio alla scuola italiana ma intanto è passato sopra al sestetto del suo amico Massimo Barbolini. La Russia è cresciuta, ha superato una doppia fase di qualificazione meno agevole della nostra (Cina, Germania, Usa fra le «vittime»), ci ha punito sul piano tattico e fisico.
Con la Paggi recuperata e schierata in sestetto, l'Italia si è trovata di fronte un avversario più lento ma con ben altra potenza di fuoco rispetto alle squadre asiatiche infilzate nei giorni scorsi: dovendo aggirare la barriera volante delle russe, più alte di noi, la Piccinini mostra varietà di colpi in attacco ma sul 16 pari si spegne la luce. La Godina, l'anno scorso a Chieri, in A1 italiana, è dinamite per la nostra sofferente ricezione (5 ace alla fine della partita); la Kilic, in dubbio alla vigilia, avvia una kermesse da 21 punti, con lezioni di tecnica da far venire nostalgia ai tifosi di Bergamo; infine si alza il muro, piaga biblica per le azzurre, marcate, oscurate, frustrate. Al termine saranno 12 i punti ottenuti dalle russe con questo fondamentale, contro i 4 delle italiane, quanti da sola ne ha messi a terra la Merkulova con i suoi 2 metri e più. Nel secondo set, sul 13-4, sembra di giocare a squash: torna tutto indietro.
Barbolini deve cercare soluzioni in panchina come mai fatto in precedenza ma la squadra perde l'allegra fiducia dei giorni di Nagoya, le migliori (come Togut, 14 punti) compaiono e scompaiono, difendere su attaccanti come la Gamova è fatica tripla, il ritmo è dettato dal servizio russo, non dal nostro. L'ultimo set è solo più equilibrato nel punteggio. «Abbiamo avuto troppi problemi, cominciando dalla ricezione e proseguendo con l'attacco», è il commento del nostro ct. «La chance di giocare la semifinale di un mondiale è offerta ogni quattro anni a chi lavora al meglio. E oggi noi non l'abbiamo sfruttata bene». Da domani la rivincita è affidata all'Italia maschile: sempre in Giappone scatta il mondiale degli uomini.

Debuttiamo con la Bulgaria.

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