I suoi bigini per i concorsi sbaragliano i best sellers: «Il segreto è parlar chiaro»

Docente e imprenditore, ha fondato 50 anni fa la casa editrice Simone: «Sono il costituzionalista che ha venduto di più in Italia»

di Angelo Allegri

I titoli, a dire la verità, non fanno venire molta voglia di mettersi a leggere: «Consulenti protezione sociale Inps. La prova preselettiva». O anche, e il testo ha avuto ancora maggior successo: «Concorso funzionari amministrativo-tributari. La prova attitudinale».

Eppure, nonostante i temi che suonano respingenti, il pubblico c'è. E soprattutto compra. Se si guarda alla classifica Nielsen dei libri più venduti in Italia, genere varia, nelle ultime settimane il volume sui consulenti Inps era al nono posto, quello sui funzionari amministrativo-tributari addirittura al quinto. Merito, o colpa, della fame di posti, meglio se pubblici, che alimenta concorsi più affollati di una spiaggia di Ostia. Ma anche di un signore napoletano di 72 anni che sui concorsi, e non solo, ha creato un' industria: «Per affrontare le prove d'esame i nostri lettori hanno bisogno di cavarsela in tante discipline diverse. E poi le norme cambiano, si evolvono. Noi facciamo una sintesi, la aggiorniamo, la presentiamo in maniera chiara e leggibile».

Dal 1968, esattamente da 50 anni, Federico del Giudice, pubblica libri, manuali, codici, pandette, guide a concorsi e prove d'esame. Se il suo nome è poco conosciuto, più noto è quello della sua creatura, le edizioni Simone, familiari almeno a chi frequenta aule di tribunale e uffici pubblici. «Noi campiamo sulla sicumera di molti professori universitari», racconta del Giudice. «Per chi sta su una cattedra il principio è semplice: scrivo un libro? Bene, più complicato è meglio è. E per gli studenti il messaggio è altrettanto chiaro: dovete gettare sangue o altrimenti non passate l'esame. Ecco, noi facciamo il contrario, cerchiamo di farci capire».

Per del Giudice l'obiettivo è ben chiaro sin dal fatidico '68, anno in cui iniziò ad armeggiare con un ciclostile, in un locale prestato da un prete. Allora il nascente editore si occupava delle dispense della facoltà di Giurisprudenza, a cui era iscritto. Stampava, fascicolava, distribuiva e vendeva. La nonna, nel vederlo affaccendarsi in mille attività diverse, lo accompagnava con una frase in dialetto: «Don Simone, stampa e cumpone». Letteralmente: stampa e compone. E il Don Simone napoletano è il simpatico sbruffone che senza ascoltare consigli e raccomandazioni si considera in grado di bastare a se stesso facendo tutto da solo. L'ironia della nonna è rimasta e, anzi, ha addirittura dato il nome all'azienda. Anche se proprio da solo, in realtà, del Giudice non era nemmeno agli inizi: a dargli una mano, tra gli altri, due fratelli. Uno è diventato magistrato; l'altro, Lello Delpino, è il direttore generale dell'azienda, è lui a coordinare operativamente le 80 persone tra impiegati e redattori che gravitano intorno alla sede di Pozzuoli.

«Siamo cresciuti un po' alla volta», racconta del Giudice. «E la soddisfazione più grande è il ricordo di mio padre, insegnante come mamma, che diceva: ma guarda 'sto fessillo di mio figlio: guadagna cinque volte quello che porto a casa io».

La specialità del gruppo, i best seller delle Edizioni giuridiche, oltre alle guide per i concorsi, sono i codici commentati, molto spesso con tanto di leggi complementari e pronunce giurisprudenziali. «L'idea giusta me la diede tanti anni fa un sacerdote: a volte basta un corpo tipografico un po' più grande, un neretto sulla parola chiave, una spiegazione ben formulata in un fondino e quello che era fin lì incomprensibile non è più tale».

Oltre ai codici ci sono i libri per professionisti, dedicati a temi specialistici, e i compendi utilizzabili dagli studenti, guai a chiamarli semplicemente dispense o, peggio, bigini. «Così non si coglie il lavoro che c'è dietro: il frutto del confronto tra testi diversi, l'oggetto delle migliori lezioni». Oggi i libri in catalogo sono un migliaio. «Quanto al giro d'affari siamo intorno ai 6 milioni di euro», dice del Giudice. «La crisi ha colpito pesantemente anche noi: ci sono stati periodi in cui viaggiamo a cifre che erano più che doppie».

Sarà anche per questo che del Giudice, parla volentieri, più che dell'attività di imprenditore, della sua carriera di professore e di autore di molti dei testi giuridici che lui stesso ha pubblicato: «Ma lo sa che sono il costituzionalista che ha venduto più copie in Italia? Sulla Costituzione ho scritto almeno una decina di libri, alcuni dei quali sono arrivati alla trentesima edizione. Il mio Dizionario di diritto romano, me lo sono ritrovato copiato dritto dritto su Wikipedia», si lamenta. «Solo di commenti, nelle varie versioni, alla Carta fondamentale ho venduto 200mila copie. Se aggiunge tutti gli altri testi che ho pubblicato, anche come co-autore, non credo di sbagliare se dico che siamo intorno al milione».

Professore di diritto pubblico e diritto pubblico comparato all'università Orientale di Napoli, del Giudice è andato in pensione un paio d'anni fa. Ma non ha dimenticato l'antico amore. Per festeggiare i cinquant'anni della casa editrice ha appena dato alle stampe «La Costituzione per Princìpi», guida ragionata (e, conformemente alle sue idee, di apprezzabile chiarezza) alla Carta costituzionale. «Il problema però, come ho scritto nel sottotitolo, è che bisognerebbe conoscere diritti e doveri di cittadini e governanti, ma scuola superiore e perfino le istituzioni li ignorano».

Il fatto di non dover più fare lezione gli ha riservato più tempo per la sua passione: «Più che una passione, dico la verità, è una mania: le piante. Io le curo, sto loro vicino, partecipo alla loro vita. Non sono religioso ma la grandezza di Dio la vedo nella natura. E quando sento parlare di natura matrigna, mi viene da dire subito: no, non è matrigna, è una madre violentata e a violentarla siamo noi. Un tempo facevo il subacqueo, oggi passo molto tempo in giardino». E intorno alla sua casa, sulla collina di Posillipo, del Giudice ha di che divertirsi: «Ho più di 1.500 piante, ci sono angoli di foresta tropicale».

Quanto al futuro della casa editrice, invece, non ha le idee chiare. «Guardi, io sono vedovo da più di 30 anni. Mi uccisero la moglie in ospedale: era tardi, avevano fretta e morì di parto.

I miei quattro figli hanno scelto strade diverse: c'è chi fa l'artista, chi si occupa di psicologia e assistenza. Solo una, che ha studiato Scienza della comunicazione, mi dà una mano in azienda. Non so che cosa succederà: tutto sommato spero di morire prima io che dover decidere che farne».

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