I suoi Giochi sono già finiti (lo dice anche il cronometro)

La Iaaf conferma l’esclusione dell’atleta disabile sudafricano dalle Olimpiadi di Pechino. Pancalli: «Strano pensare che uno senza gambe possa avere più vantaggi di uno che le ha»

I suoi Giochi sono già finiti (lo dice anche il cronometro)

Oscar Pistorius per ora si rassegni: niente Olimpiadi. La federazione internazionale di atletica gli ha sbarrato le porte, è bastato un articolo (114.2, comma E) del regolamento gare per supportare studi e interpretazioni affidate ad un gruppo di scienziati. Peggio di una condanna. Pistorius non ha entrambe le gambe, corre utilizzando protesi in fibra di carbonio, ma non potrà confrontarsi con atleti normodotati perché le protesi «offrono chiari vantaggi meccanici». Sembra assurdo, ma lo sport ha le sue leggi. Sennò meglio abolirle e lasciar libertà a tutti e in tutto. Se il mondo dello sport divide la sua mela in Olimpiadi e paraolimpiadi, ci sarà pur una ragione? Sarebbe più facile (anche se meno vantaggioso dal punto di vista del business) aprire i Giochi a tutti e dimenticare le paraolimpiadi. Ma ingiusto per chi non può lottare alla pari. Conduce a questa tesi anche il giudizio di Luca Pancalli, presidente del comitato paralimpico italiano. Seppur dispiaciuto per la decisione («Deluso dal punto di vista umano») Pancalli ha convenuto: «Sarebbe stato peggio se, fin dall’inizio, si fosse consentito a Pistorius di gareggiare solo perché disabile».
La Iaaf ha affidato la pratica nelle mani del professor Brueggemann, docente di biomeccanica dell’università di Colonia, operazione compiuta con l’aiuto di 15 telecamere e una maschera che valutava il consumo di ossigeno. In laboratorio il corpo di Pistorius è stato scannerizzato. L’atleta sudafricano ha corso in palestra con 30 specchietti speciali, applicati dalla punta delle protesi fino al collo, ha lavorato sulla cyclette per valutare capacità muscolari, resistenza, forza. Test svolti il 12 e 13 novembre, eseguiti sul sudafricano e 5 atleti normali in grado di correre su tempi simili nei 400 metri. Risultato: con le protesi, Pistorius va alla stessa velocità di un atleta normale con un dispendio di energia inferiore del 25%. E nello stesso tempo, raggiunta una certa velocità, correre con le protesi richiede meno energia addizionale rispetto al correre con le gambe naturali. L’energia di ritorno, con protesi, è tre volte più elevata di quella prodotta da una caviglia umana nel momento di massimo sprint. Se l’energia persa dalle protesi è del 9,3%, quella persa da una caviglia è del 41,4%.
Tirando le somme: un atleta che utilizza la lamina di carbonio ha un vantaggio meccanico giudicato superiore al 30% rispetto a un normodotato. Quindi, dice la Iaaf, esiste un aiuto tecnico in chiara contrapposizione con l’articolo che vieta l’utilizzo di strumenti che garantiscano un vantaggio rispetto a chi non li usa. Cavilli normativi, si dirà. «Non avrei mai immaginato di svegliarmi un giorno ed apprendere che un ragazzo senza gambe è avvantaggiato», ha ironizzato Pancalli. «Dispiace sotto il profilo umano per una persona che ha lottato con tanta tenacia. Ma se esiste un regolamento, mi sembra non ci possa essere altra soluzione», ha replicato Ettore Torri, capo della procura antidoping. A sua volta il manager del sudafricano ha annunciato ricorso al Tas (tribunale arbitrato sportivo) di Losanna. «Abbiamo sottoposto la perizia a vari esperti negli Stati Uniti e ci hanno risposto che essa non considera diverse variabili. Proveremo a dimostrarlo».


In tutto questo, per convincersi che Pistorius potrebbe essere escluso dalle Olimpiadi anche dalla legge sportiva, non solo da quella degli uomini, basterebbe dare un occhio al record personale sui 400 metri (46“56) e ai minimi stabiliti dalla Iaaf per la partecipazione ai Giochi: 45“55 (qualificazione A), 45“95 (qual. B). Pistorius potrebbe non farcela: è dura battere il proprio record di quasi un secondo. Le protesi ti fanno sognare, il cronometro no.

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