I «supermen» del jazz finalmente insieme

Swallow e Sanchez completano la «band»

A 54 anni Pat Metheny è una superstar della chitarra jazz che travalica i confini di generi e stili. Tutti lo conoscono e tutti ammirano il suo stile raffinato, colorito e virtuoso. Probabilmente sarà per lui che questa sera molti fan prenderanno d’assalto il Milano Jazzin’ Festival all’Arena (ore 21.30), dove si esibisce il Gary Burton Quartet Revisited, di cui è in circolazione l’omonimo cd. Ma sarebbe un torto - e gli appassionati di jazz lo sanno bene - alla grande figura del vibrafonista Gary Burton, compositore, direttore d’orchestra e insegnante tra i più importanti nella storia della musica afroamericana dopo aver raccolto l’eredità di Lionel Hampton, Red Norvo, Milt Jackson o Bobby Hutcherson, il suo grande rivale.
Partendo dalle collaborazioni negli anni Sessanta con artisti come George Shearing e Stan Getz, ha maturato uno stile unico ed innovativo, rivoluzionando il modo di suonare il vibrafono. Mentre Jackson aveva uno stile ispirato dal sassofono, quello di Burton si rifà al pianoforte («l’artista che più mi ha influenzato è stato Bill Evans»), percuotendo lo strumento con quattro bacchette (o meglio tamponi) anziché due, per ottenere una maggiore e più viva ampiezza sonora («uno stile che ho imparato da ragazzino, quando suonavo da solo in casa, e cercavo inconsciamente un suono più forte e dinamico»). Un modo di ritrovarsi per Metheny e Burton. Quest’ultimo è stato un po’ la chioccia di Metheny, lanciandolo nel 1974 (il primo concerto ufficiale di Metheny sarà del luglio 1977 a New York con Lyle Mays alle tastiere, Steve Rodby al basso, Dave Gottlieb alla batteria) nel suo storico quintetto con il bassista Steve Swallow e Bob Moses dietro ai tamburi. Ora la band torna agli antichi fasti, con Antonio Sanchez (batterista del Pat Metheny Group) a sostituire Moses.
Non basterebbe un libro a raccontare la storia di Burton, Metheny, Swallow e Sanchez e gli incroci che li legano (per esempio Burton e Swallow già nel 1974 incisero un magnifico album come Hotel Hello). Ciascuno di loro porta un incredibile bagaglio di esperienze sia tradizionali che trasversali, se pensiamo che Burton ha debuttato diciassettenne a Nashville, suonando country con Chet Atkins e Hank Garland, lavorando poi con tutti i più grandi, dai duetti con Chick Corea (in coppia è uscito da poco l’album The New Crystal Silence) e Keith Jarrett alle collaborazioni con Carla Bley, Larry Coryell fino a quelle recenti con Richard Galliano e senza dimenticare la rielaborazione - nell’album Virtuosi - dei classici di Brahms, Scarlatti, Ravel.
La strada di Metheny, scandita da incursioni che spaziano dalla new age al rock, è nota a tutti e negli ultimi tempi ha portato ad album solisti eccellenti (The Way Up, The Road To You eccetera), ad incisioni con Ornette Coleman come Song XX (ovvero i brani di Coleman esclusi dall’album Song X) e a due freschissimi dischi in coppia con Brad Mehldau.

Si annuncia una serata eccitante e ricca di suggestioni, all’insegna dei suoni afroamericani e dell’improvvisazione senza limiti e senza barriere schematiche e stilistiche.
Gary Burton & Pat Matheny
Arena civica
stasera, ore 21.30

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