Andrea Acquarone
nostro inviato a Besano (Varese)
Che peccato. Il sagrato della chiesa trasformato in curva da stadio. Dove cè un paese, mamme e papà, anziani e bambini commossi, sotto un solleone che sembra trasformare le stille di sudore in lacrime. Dove il lutto è palpabile come il dolore che si respira nellaria umida, come le note struggenti della Marcia funebre intonata dalla banca civica. Il tamburo che accompagna il feretro di Claudio Meggiorin davanti alla basilica di San Giovanni, scandisce un ritmo di morte. Assomiglia tanto a quello dei vecchi film, quando il condannato si avvicinava al patibolo. E poi ci sono loro..., gli amici con le loro facce arrabbiate, i tatuaggi esibiti, la grinta da cattivi. Hanno le teste rapate e le magliette nere. Una divisa la loro, luniforme degli ultrà. Non ci sono solo quelli del Varese, la squadra per cui tifava questo barista di provincia ucciso per niente da un albanese clandestino tanto spaventato quanto violento: sono arrivati da mezza Italia con i loro messaggi daffetto per il loro compagno che non cè più, ma anche con i loro slogan xenofobi. Piange composta mamma Elisa, lei non riesce a staccarsi da quella cassa di legno incorniciata dalle rose bianche nella quale hanno rinchiuso il suo «bambino». Il marito, il consigliere comunale della Lista civica di questo paese che si chiama Besano, stringe mani e riceve abbracci. A cominciare da quello del presidente della Provincia. Intorno poliziotti e carabinieri vigilano discreti. Cè tensione, cè paura in questo funerale già «funestato» da troppe polemiche. Dai rancori e da una malsana voglia di vendetta. Le teste pelate, quelle aquile dipinte sulle magliette e i bicipiti inchiostrati di simboli, sono partiti da Genova, Udine, Treviso, Bergamo, Cesena, Brescia, Milano, perfino da Bologna. Nemici allo stadio, ma ieri per una volta uniti. Il loro nemico da sabato scorso ha la faccia dello straniero. Cerca di riportare la pace Luigi Stucchi, il vescovo, vicario episcopale di Varese. Fuori i ragazzi con le magliette nere e la stazza da pesi massimi disegnavano striscioni.
Che peccato trasformare lultimo addio in un coro da curva. Suona linno nazionale quando alle 4, dopo unora di messa, il feretro di Claudio spunta fuori dalla navata. E rimbomba più che allo stadio, «Fratelli dItalia» lo cantano in centinaia. Che bello se non si dovessero vedere anche i saluti romani. Che spaventano, perché gli skin hanno già fissato lappuntamento due ore più tardi dieci chilometri più in là, a Varese: vogliono manifestare per il centro città, con sosta proprio davanti al carcere Miogni, quello dove è detenuto lalbanese ventunenne che ha accoltellato a morte Claudio. Si temono incidenti, la città è blindata dal questore Giovanni Selmin. A disinnescare la miccia ci pensano proprio i genitori della vittima, chiedono pace e rispetto. Si pongono alla testa del corteo, non succederà niente.
Ma non mancano le scintille che potrebbero innescare la guerriglia. Qualcuno fa girare la voce che il ragazzo milanese ferito, ironia del destino, lo stesso giorno proprio da un albanese, sia morto in ospedale. Non è vero, ma è una notizia che accende gli animi. Dalla sua cella Vladimir Mnela, il ragazzo che ha ucciso Claudio con almeno due coltellate al cuore, continua a ripetere la sua verità. Dice di essere stato provocato, si trovava allinterno del bar di Claudio quando un gruppetto di amici del barista li avrebbe guardati in cagnesco. Insultando, minacciando. Fuori poi il tragico epilogo. Ma lalbanese avrebbe colpito per difendersi.
- dal lunedì al venerdì dalle ore 10:00 alle ore 20:00
- sabato, domenica e festivi dalle ore 10:00 alle ore 18:00.