Per i trentacinque anni del Giornale la Genova più bella si siede a tavola

Per i trentacinque anni del Giornale la Genova più bella si siede a tavola

I trentacinque anni del Giornale hanno suscitato molto interesse in città. Un segno della costante presenza di questo nostro mezzo d’informazione che diventa sempre di più un «giornale dei lettori». Incontri sulla sua storia, convegni di ordine culturale, anche serate conviviali belle, sincere e divertenti. Come quella dell’altra sera all’Hotel Plaza organizzata da quel «vulcano di idee» che risponde al nome di Giuseppe Murolo. Circa cento invitati attorno a splendide tavole imbandite da chef di lusso. Molti amici del Giornale, altri amici degli amici, tutti rigorosamente paganti (e anche questa è una straordinaria notizia). Insomma una serata, come amiamo dire, «in famiglia». Ha detto infatti Murolo in una pregevole presentazione: «È un compleanno importante e tutti i compleanni importanti si celebrano in famiglia». Al tavolo centrale il nostro Massimiliano Lussana, al centro dell’attenzione (molti lo conoscevano solo per la firma), quindi il vicecaporedattore Diego Pistacchi (piacevole, attento, curioso il suo intervento teso a spiegare come si sviluppa il quotidiano lavoro di un giornalista del Giornale...). Accanto a loro Gianfranco Gadolla, oggi impegnatissimo nella sua campagna elettorale. Ha detto sorridendo: «Il Giornale è l’unico che dice pane al pane e vino al vino, cioè dice la verità». Poi si è impegnato a distribuire il suo ultimo «depliant» sicuramente divertente, dove appare lui e uno splendido cagnolino bianco e nero.
Hanno nobilitato la serata molte belle signore (ma chi dice che in Liguria non ci sono belle donne? Ed anche molto appassionate di potere?). Guarda caso, ecco molto chic Sabrina Parodi, arrivata da Recco dove offre (nella sua boutique della bellezza) la possibilità di migliorarsi e di farsi eleganti. Combattiva, se la prendeva con il solito Burlando perché alle imprese genovesi, come accade in altre Regioni, non veniva dato un soldo a fronte di manifestazioni promozionali. E lei, Sabrina, di promozione se ne intende davvero.
Ma ecco altre ospiti di lusso: Melly Murolo, scatenata come sempre, primario all’Ist, legata a quel Ferruccio Barnaba, antico politico di trasparente correttezza. Ha gridato Melly: «Bisogna far esplodere l’Ist, centro italiano fondamentale nella cura dei tumori. Diamogli spazio, cerchiamo di capire cosa ha bisogno, fidiamoci dei nostri medici. Spero che Biasotti faccia qualcosa e decida, soprattutto decida».
Sui temi della sanità, fra una portata e l’altra, si è impegnato anche Riccardo Bertini (medico di famiglia, mille pazienti. Che pazienza...). Diceva: «Basta con questa sanità ligure sempre in rosso, basta, non ne possiamo più». Con il suo movimento («Gente d’Italia») si farà sentire, dice lui, a questa tornata elettorale.
Si accompagna con lui il mitico dottor Tettoni, della omonima antica farmacia del centro storico. Purtroppo dopo... secoli l’insegna Tettoni scomparirà. Rivedremo l’amico in via Brigate Partigiane, in altre iniziative sempre mediche, sempre di alto livello professionale. Ma quanti altri amici del Giornale al Plaza: Emanuele Basso, consigliere comunale di area liberale, Glauco Berrettoni (interessante e a tratti commovente il suo ricordo della nascita del Giornale, con Montanelli in prima fila). Ricordi straordinari e raccontati da vero romanziere. Non mancava neppure il professor Emilio Biagini, lui che insegna all’Università di Sassari. Non poteva né voleva mancare. A proposito di gentil sesso erano unite da forte fede politica (pidiellina evidentemente) Donata Borghetti e Eneide Doriana (che in contrasto col nome è una genoana sfegatata...). E ancora la dolcissima Chiara Premici che si muove nel mondo della comunicazione con eccellente bravura. Immancabile il più arroventato contestatore dei nostri governanti attuale, Maurizio Gregorini, uomo di vasta cultura che a sentir parlare di «Genova culturale» diventa irritabile come pochi pronto a sfoderare tutte le armi possibili per distruggere gli «anti-cultura» del momento (Tursi, Palazzo Ducale, Teatri: ce ne è per tutti a sentir lui...).
A sostenere le iniziative di tipo ecologico c’era anche il professor Guglielmo Valenti, presidente del «Centro oncologico Ligure» (fra non molto avrà oltre cinquemila soci): «Credo - sussurrava Valenti - che la politica debba interessarsi di queste nostre iniziative. Possiamo fare molto sul piano del volontariato. Il nostro Centro sta lavorando molto bene, perché le Istituzioni si nascondono sempre?».
Fra un calice di Chianti e un limoncello ecco, piacevolmente soddisfatto della serata l’avvocato Massimo Benoit Torsegno, l’ingegner Giulio Gennaro, Alberto Clavarino figlio informatico del mitico Giobatta, insomma tutta la Genova che conta ha voluto celebrare questi 35 anni del Giornale. E tutti interessanti ad ascoltare i racconti, le storie, i ricordi di quanti (ormai avanti negli anni) hanno vissuto quei giorni e quegli anni. Non dimentichiamo che il Giornale nacque il 28 gennaio del 1975, anni significativi per la storia d’Italia. Ed anche per quella di Genova. Si avvicinavano gli «anni di piombo». Proprio un anno prima veniva gambizzato Montanelli, a Genova il vicedirettore del «Secolo XIX» Vittorio Bruno, ma anche il professor Fausto Cuocolo, il professor Peschiera. Non dimentichiamo che anche una pallottola si schiantò sui vetri della finestra del Giornale, nella sua prima sede di via Brigata Liguria. Anni difficili, per un quotidiano che si schierava in una certa direzione e voleva contrastare il «Monono» di Piero Ottone, finito sulle rive della sinistra.
Questi racconti offerti agli invitati hanno portato anche ad un serio desiderio di riflessione. Cosa è cambiato in trentacinque anni? Molti se lo chiedevano. Ma ha portato tutti alla realtà del terzo millennio Massimiliano Lussana, che si è confessato quale responsabile della redazione genovese da sei anni: «Non pensavo - ha detto - di trovare un grande senso di appartenenza al nostro giornale da un popolo che mi dicevano freddo e distaccato. Ho sempre pensato che un giornale debba essere fatto soprattutto dai lettori: mi hanno seguito davvero in tanti ed oggi sono proprio le migliaia di lettori a nobilitare le nostre pagine». Così come Diego Pistacchi, con quel senso di appartenenza e di orgoglio proprio di chi lavora nel Giornale, ha spiegato come si lavora da noi, quali sono i momenti belli e meno belli di questa avventura.
Quando si era assaporato l’ultimo limoncello (dopo uno splendido menù a base di ravioli di zucca ai carciofi e nocciole tostate, di un filettino di manzo in crosta di erbe, di una «foresta nera» (dolce curioso) con salsa vaniglia, il tutto inondato di ottimo Chianti, ecco arrivare, finalmente, trafelato, il senatore Enrico Musso. Tipico delle «soubrette» che si aprono alla platea nel gran finale. Un abbraccio a Lussana, qualche indiscrezione romana (dopo la sua «sparata» contro il processo breve), sorrisi e complimenti per la serata: «Non potevo mancare» ha sorriso ormai da consumato politico.


All’uscita il cielo era improvvisamente tornato sereno: tante stelle a salutare gli ospiti. Ha sorriso Murolo: «Che una stella guidi Biasotti alla vittoria...». E Lussana: «Che illumini anche il nostro lavoro per altri trentacinque anni...».

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