Ma i veltroniani si accontentano: "La Capitale non è ancora Bagdad"

Bettini, il braccio destro del segretario del Pd, giudica eccessive le critiche all’amministrazione. Ma persino "Europa" attacca il sindaco: «La città va in rovina"

Ma i veltroniani si accontentano: "La Capitale non è ancora Bagdad"

da Roma

Gli si è sconvolta la vita in meno di un mese. Lo aspettavano infiniti spazi africani, si è dovuto accontentare di un loft in centro. Certo, poi c’è il solito appartamentino in piazza Fiume, quello acquistato nei saldi degli enti pubblici. Eppure va capito, il povero Walter. Aveva accettato «con sofferta decisione» di salvare il Pd e quindi il Paese, ma non certo per ritrovarsi con un nugolo di vespe inferocite ovunque muova un passo. Da ultimo gli è cascata addosso la tegola di Roma, la gestione degli immigrati romeni. Quando ha lanciato il pacchetto sicurezza, dicono le malelingue della sinistra, Veltroni era già oltre l’orlo di una crisi di nervi.
La luna storta ancora non gli è passata, nonostante gli appelli a mantenere la calma. In tv a Ballarò non ha fatto proprio la solita rassicurante figura da indiano. Tanto che persino il quotidiano dell’ex Margherita, Europa, ha dovuto ammettere in un editoriale che «il sindaco è sotto stress». Anzi, di più: «Veltroni non appare in un periodo felicissimo - scriveva Europa -. Quando ha dovuto cedere al corteggiamento televisivo è apparso nervoso e incomprensibilmente insicuro. È chiaro che vedere Roma andare brutalmente sotto, è stato per lui un colpo». A sentir parlare di immigrati e campi nomadi, ha notato il critico televisivo Aldo Grasso, «Veltroni si è inasprito, spazientito».
Quando una persona qualunque vede andare molte cose storte e comincia a vivere in ansia, sotto stress, oppresso dalla paura, magari acquista un rottweiler e si fa scortare dal molosso. Walter, invece, si porta dietro Goffredo Bettini. L’ormai dimissionario senatore è appena entrato da poche ore nella porta principale del Pd, in qualità di coordinatore: tutti hanno dapprima immaginato che servisse a tenere nella morsa diessina il «vice» Dario Franceschini. Ma subito dopo, pensando alla mitezza del soggetto, hanno capito che da Bettini Veltroni si aspetta non soltanto l’organizzazione perfetta del partito, ma anche e soprattutto un’ombra rassicurante. Bettini è stato l’«inventore» di Veltroni a Roma, e l’uomo capace di farlo sentire tranquillo. Se Walter nelle ultime uscite continua a parlar negativo, di un Paese «dominato da paura e nostalgia del passato» ovvero di «un’Italia che non sogna più perché ha vinto la paura», l’amico Goffredo di buona lena gli sta leccando le ferite nell’ego. Ricordando ieri, per esempio, di quanto bisogno ci sia di «un segretario che sappia parlare all’opinione pubblica, una guida nuova». Appunto «Lui».
Certo, per apprezzarne appieno gli effetti bisognerà dare del tempo a quella montagna d’uomo. Così ieri Walter è apparso ancora un po’ stressatino, tanto da rispondere al premier romeno Tariceanu in maniera insolitamente aggressiva. Alle accuse sull’«atteggiamento tollerante delle istituzioni capitoline che hanno consentito la nascita di campi rom improvvisati», il sindaco ha fatto di tutta l’erba un fascio: «Purtroppo stamattina è arrivata la notizia che a Milano una donna romena è stata trovata morta in una baraccopoli. Risponde la cronaca: è un problema che riguarda non solo Roma, ma tutte le città italiane. È un’emergenza che riguarda tutto il Paese, per questo a giugno sono stato in Romania a chiedere aiuto».

A sorreggere invece i nervi scossi, è sceso in campo Bettini, ricordando quella che dovrebbe sembrare un’ovvietà: «Roma non è Bagdad, come in queste ore la descrive una destra rozza». Seguono scontati complimenti ai «nuovi strumenti come il decreto sulle espulsioni». Non ha dimenticato di aggiungere: «Approvato in tempi rapidi anche grazie all’autorevolezza di Veltroni».

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