GenovaAl Pdl di Roma un ritardo di mezzora è costata lesclusione, i verdi di Imperia, invece, la loro lista lhanno presentata ben nove giorni oltre i termini, ma la commissione elettorale non si è fatta problemi e li ha ammessi alla competizione.
Grottesca quanto singolare la storia della lista del «Sole che ride» che, in Liguria, si era presentata con regolari firme in tre province su quattro. A Imperia non ce laveva fatta. Colpa di candidature decise allultimo minuto e di attivisti poco attivi che raccolsero meno delle mille sottoscrizioni di elettori utili alla presentazione della lista. I rappresentanti dei verdi si presentarono comunque in Tribunale consegnando il loro materiale convinti di avere con sé 1.026 firme: «In realtà ne avevamo meno delle mille utili, abbiamo sbagliato i calcoli. Ricontando i certificati davanti al cancelliere ci siamo resi conto di esserci fermati a 982». La spiegazione è di Gabriella Badando, leader dei verdi in provincia di Imperia e insieme a Tommaso Lupi e Luca Dallorto depositaria della lista in tribunale. Era il 27 febbraio e di fronte alla mancanza del materiale i tre fecero fagotto, salutarono e uscirono dal Tribunale di Imperia considerando chiusa la vicenda.
Passano nove giorni e, in pieno caos liste, dopo il decreto interpretativo, i verdi ci provano da capo. Tommaso Lupi l8 marzo torna in Tribunale portando con sé 1.070 sottoscrizioni: ben 88 in più di quelle che vennero contate dal cancelliere il 27 febbraio alle 11.50, cioè dieci minuti prima della chiusura delle liste. Fatto strano è che però lo stesso cancelliere ammette, in un documento ufficiale, che quel giorno «i delegati dei verdi si erano regolarmente presentati presso la segreteria» dimenticandosi tuttavia di spiegare il motivo per il quale la loro richiesta non venne presentata: la mancanza delle firme.
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