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I vescovi in campo: giù le mani dal Concordato

CONSENSO Prolusione apprezzata sia dall’ala moderata sia da chi vuole più interventismo

I vescovi in campo: giù le mani dal Concordato

RomaI vescovi riuniti al «parlamentino» della Cei discutono la prolusione di Bagnasco. Fino a questo momento non si è parlato della successione a Boffo alla direzione di Avvenire - che pare non sia imminente - né si è insistito sul caso in sé. Subito dopo che Bagnasco aveva terminato il suo discorso, lunedì pomeriggio, un paio di vescovi del Consiglio permanente sono intervenuti parlando dell’Anno sacerdotale. Ieri tutti gli intervenuti nel dibattito, informa una nota del portavoce don Domenico Pompili, «hanno esplicitamente ringraziato il cardinale Bagnasco per i contenuti e il tono del suo intervento introduttivo che è apparso lucido e sereno allo stesso tempo». Moderato nei toni, fermo su alcuni punti considerati irrinunciabili, chiaro nei riferimenti (il principale criterio di giudizio per valutare i politici è la loro azione di governo, ma chi ha un ruolo istituzionale è chiamato alla sobrietà), il presidente dei vescovi ha inteso voltare pagina e guardare al futuro, senza farsi arruolare nelle file dell’opposizione al governo Berlusconi. Ed è riuscito di fatto ad accontentare sia la Santa Sede, sia i vescovi più moderati, sia quelli fautori di un maggior interventismo antigovernativo. Il dibattito nel «parlamentino» Cei ha poi toccato altri temi della prolusione, l’enciclica e il suo valore per leggere la situazione sociale, la questione dell’emergenza educativa, rilanciata nel pomeriggio dal cardinale Camillo Ruini, che ha presentato il rapporto La sfida educativa curato dal Comitato per il progetto culturale della Conferenza episcopale e pubblicato dall’editrice Laterza.
Toni e contenuti della prolusione di Bagnasco sono stati apprezzati in Vaticano, ed è significativo il titolo con cui L’Osservatore Romano di ieri titolava il testo del cardinale: «Una Chiesa amica». Il cardinale, infatti, nel formularla ha recepito le preoccupazioni espresse nei sacri palazzi, dov’era evidente la volontà di non alzare in alcun modo il livello dello scontro con il governo. Dalla Segreteria di Stato era stata avanzata al presidente della Cei la richiesta di rivedere il testo, ma Bagnasco, che l’ha limato fino all’ultimo, non ha ritenuto di spedirla Oltretevere con largo anticipo. Il suo non è stato uno sgarbo - le prolusioni non vengono mai riviste dal Vaticano - ma una rivendicazione di autonomia. Al di là di questo episodio, con il discorso di lunedì pomeriggio sembrano archiviate le letture e le interpretazioni che tendono ad accreditare uno scontro tra la Segreteria di Stato e la presidenza della Cei. Un ruolo importante - e non poteva non essere così - ha svolto Benedetto XVI, preoccupato per il presunto conflitto di competenze tra il suo principale collaboratore, Bertone, e il presidente dei vescovi. Le difficoltà di assestamento vengono considerate quasi fisiologiche dopo il lungo tramonto dell’era Ruini: il «cardinal sottile», protagonista della vita ecclesiale italiana dell’ultimo quarto di secolo, giunto nel 1991 alla presidenza della Cei aveva inaugurato infatti l’epoca dell’interventismo della Chiesa nell’agone sociale e politico. E tutto ciò avveniva negli anni del pontificato di Giovanni Paolo II, poco interessato alle vicende interne italiane. Fino a quel momento, a partire dagli anni in cui nasceva la Conferenza episcopale, la cabina di regia era sempre rimasta Oltretevere, al punto che negli anni Cinquanta una volta capitò che i cardinali della Cei dovettero ritardare la loro riunione perché non era arrivato dal Vaticano un documento con le indicazioni da parte del Sostituto della Segreteria di Stato.
Per di più, in queste settimane è percepibile un certo disorientamento negli uffici della Conferenza episcopale, determinato dall’uscita di scena di Dino Boffo, il quale, com’è noto, era ben di più di un direttore di giornale e di Tv: si trattava infatti di un consigliere ascoltato, del vero interfaccia tra i vertici Ruini-Bagnasco e gli uffici Cei oggi privati di questo collegamento.
Ma c’è un’altra questione che ha fatto capolino nella prolusione di Bagnasco e che sembra preoccupare non poco il Vaticano, quella del Concordato. Il presidente della Cei ha ribadito lunedì e ha ripetuto nell’intervista concessa a Famiglia Cristiana, «l’importanza e l’attualità di quel grande accordo di libertà che accomuna Stato e Chiesa», osservando come su di esso «di tanto in tanto si riversano riserve e velleitarismi anche da settori insospettabili dell’opinione pubblica». Parole, queste ultime, probabilmente riferibili all’editoriale con cui Ernesto Galli della Loggia sul Corriere della Sera, il 30 agosto scorso, aveva fatto balenare il superamento del Concordato all’insegna di una Chiesa spoglia di poteri. Fonti autorevoli affermano che in Vaticano, tra chi si occupa di questioni finanziarie, serpeggia un certo timore per queste voci di revisione concordataria. In particolare per quanto riguarda i bilanci in rosso della Tv Sat 2000 e del quotidiano Avvenire (circa 30 milioni di euro l’anno), che vengono solitamente appianati con fondi in parte riferibili anche all’otto per mille, le cui finalità sono il sostentamento del clero, le attività caritative e le attività pastorali.

C’è chi Oltretevere ha manifestato la preoccupazione che qualche politico sollevi obiezioni sulla destinazione di quei fondi.

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