I torinesi. Non c’è momento, parlato e scritto, udito e letto, di questi Giochi, nel quale non si acciuffi questo aggettivo sostantivato: torinesi. Il loro orgoglio, la loro serietà, la loro discrezione, la loro eleganza.
Domanda: quanti sono i torinesi? Non gli abitanti, ovviamente. Quando fa comodo scrivere e pronunciare l’aggettivo medesimo? Non quando accadono misfatti. Nemmeno quando trattasi di malaffari, anche imprenditoriali. Perché in questo caso è roba «d’auti», di altri, dei meridionali o extracomunitari, napuli e ramadà per dirla come dicono, insomma di esterni alla dogana. Torino sta celebrando bene i Giochi ma una cosa è stato lo spettacolo unico e memorabile di apertura, un altro invece quello che ogni giorno passa il convento, convento a cinque stelle con servizi da camping.
Tutto è perfetto o quasi per i Vip che da queste parti abbondano e se sono femmine poi, con desinenza franciosa, godono di fotografie, interviste, riverenze e mai di penitenze. Il resto del popolo olimpico si deve arrangiare: viene presentato il nuovo bus all’idrogeno ma che debbo dire di quelli datati in circolazione sugli itinerari dei Giochi, con pertinenza per la stampa? Orari di partenza e di arrivo facoltativi, come le fermate, coincidenze improvvisate, parcheggi per chi lavora, a tenuta e temuta distanza; davanti all’ingresso per chi è nullafacente.
Dopo il disastro del Sestriere, con gli ingressi al borgo intasati da vetture e pullman, hanno deciso di cancellare i permessi alle automobili, dimenticando che il suddetto pass è stato pagato quasi tremila euro.
Dicono di non avere colpa, stavolta, i torinesi. C’è tempo per rimediare, magari chiedendo aiuto ai ramadà e ai napuli.
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