Segrate - Ibm, soprannominata Big Blue, ora vuole diventare anche Big Green. Il verde è il colore dell’ecologia che permea la sua ultima iniziativa per un Ict (Information communication technology) più “ecocompatibile”. Iniziativa a cui corrisponde un investimento di ben un miliardo di dollari.
I confini del problema sono ormai noti e condivisi da quasi tutti i cittadini, i governi e le organizzazioni internazionali: effetto serra, consumo eccessivo di risorse non rinnovabili e di energia.
Una cifra tirata fuori dalla società di analisi e consulenza Idc ben riassume la situazione nell’Ict: per ogni dollaro speso in hardware, si spendono almeno 50 centesimi in energia e si prevede che questa cifra lieviterà del 54% nei prossimi quattro anni arrivando a 71 centesimi. Mentre, allo stesso tempo, la domanda di capacità computazionale è in crescita esponenziale.
Ed è su questo punto, soprattutto, che Ibm si è decisa ad intervenire subito. Iniziando al proprio interno e affidando a oltre 850 specialisti dei suoi Global Technology Services, l’incarico di ridisegnare i centri elaborazione dati di Ibm per risparmiare almeno il 42% d’energia. I risparmi (anche economici) non sono trascurabili perché Ibm gestisce la più grande infrastruttura It del mondo: più di otto milioni di metri quadri di data center in sei continenti. E solo per un data center di 25mila metri quadrati realizzare un risparmio di energia del 42% significa eliminare dall’atmosfera 7.439 tonnellate d’emissioni di carbone ogni anno.
Nuovi strumenti di analisi
Parallelamente Ibm offrirà le competenze di questi
specialisti del “Green Team” ai propri clienti in tutto il mondo per offrire
servizi di diagnostica, ricostruzione e fornitura di nuovi componenti
e raffreddamento dei data center. Per farlo, Big Blue ha messo a punto anche
nuovi strumenti per l’analisi dei consumi.
Insomma, «Dall’atomo al software», come dice Francesco Stronati, vice president del System & Technology Group, l’impegno di Ibm in materia è trasversale a tutte le attività. Per fare un solo esempio italiano, l’anno scorso Ibm ha raccolto oltre 50mila tonnellate di hardware usato, riciclandone più del 90%.
Ma la nuova consapevolezza “ambientale” ormai permea tutto i processi di Ibm partendo, per fare un altro esempio, dalla progettazione dei processori di nuova generazione (i Power 6) che pur essendo due volte più veloci consumano la metà.
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Infoprint
Tempo tre anni e Ibm, in pratica, uscirà anche dal
business dei servizi di stampa affidandosi a un nuovo partner. Che nasce come
joint-venture tra la stessa Ibm e l’azienda giapponese Ricoh. Infatti da un
accordo tra i due nasce (è operativa dal 1 giugno) una nuova società chiamata
Infoprint Solutions Company (Ips). Infoprint è basata interamente su quella che
era la Printing Systems Division di Ibm, di cui Ricoh ha comprato il 51%, con
l’intesa di acquistarne il restante 49% nell’arco dei prossimi tre anni. Quando,
alla fine di questa transazione, Infoprint opererà come una consociata
interamente controllata da Ricoh.
La nuova società, comunque, nasce già con dimensioni “giganti”: ha 1.
200 dipendenti in tutto il mondo (opera già in 18 nazioni tra cui l’Italia e per il terzo trimestre dell’anno è prevista un’espansione verso altri Paesi); vanta un fatturato 2006 pari a circa 1 miliardo di dollari e continuerà sfruttare il network mondiale di distribuzione e vendita di Ibm. Di cui diverrà, comunque, il provider globale privilegiato per tutte le soluzioni di stampa.- dal lunedì al venerdì dalle ore 10:00 alle ore 20:00
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