Un’idea per chiudere con le domande dei «repubblicones»

Carissimo Granzotto, le do contezza di una iniziativa intrapresa tra compagni d’ombrellone (Riviera Romagnola) e che ha avuto molto successo fra i vacanzieri del circondario. Abbiamo indetto una Lotteria, 5 euro a partecipazione, la cui vincita andrà a colui o colei che avrà azzeccato due domande. Prima: quando, in che data, si deciderà «Repubblica» a togliere le «dieci domande» rivolte a Silvio Berlusconi? Seconda: la scomparsa delle «dieci domande» sarà accompagnata da una spiegazione, da un commento del direttore o tutto verrà fatto alla chetichella? Dal monte-premi, 335 euro, e considerando che a prendersi la tintarella ci sono anche i sinceri democratici e quelli che di Papi e Patrizia non gliene può fregare di meno, deve ammettere il successo dell’iniziativa. I 335 euro li custodisco io, assieme al numero del cellulare di ogni partecipante. Secondo lei dovrò aspettare molto a consegnare il premio o sarà una cosa rapida?

Bella domanda, caro Mastelloni. Per rispondere alla quale bisognerebbe entrare nelle teste dei capi repubblicones Ezio Mauro e di Giuseppe D’Avanzo, e manca la voglia. Il fatto è che Repubblica non ha una exit strategy, non ci ha pensato. E come poteva? Presuntuosi e boriosi come sono, che bisogno avevano i repubblicones di elaborare una strategia d’uscita? Erano sicuri, certi al mille per mille, di farcela. Di costringere Papi a sloggiare inseguito da fischi e lancio di ortaggi. E di liquidare così il berlusconismo chiudendo il cerchio che il pool di Mani pulite non era riuscito, pur mettendocela tutta, a piombare. Non si fa fatica a immaginare l’entusiasmo in largo Fochetti, gli hurrà lanciati per aver scovato su Internet che il «Nouakchott Trumpet» titolava «Silvio: un vero riccio» o che la «Cattledrover’s Bell», bimensile della società mandriana di Invercargill, Nuova Zelanda, pubblicava la foto del Cavaliere con due pupe sulle ginocchia accompagnata da questo lapidario commento: «Heck of a man!», diavolo d’un uomo. Ogni giorno sembrava loro quello buono per la defenestrazione di Papi. Ogni giorno era attesa la «scossa», la rivelazione (o la fotografia) che avrebbe messo la parola fine all’era Berlusconi. Vedo Mauro, impazientito, irrompere di prima mattina in redazione e chiedere: «Allora? Cosa dico a De Benedetti? È arrivata o no ’sta scossa?». Vedo la redazione che apre sconsolata le braccia. E passa un giorno, passa l’altro, senza il minimo scuotimento. Con l’«affaire» che si smoscia, avvizzisce come le prugne secche Sunsweet. E non bastano certo quei due cc di Gerovital rappresentati dalla querela del Cavaliere a salvar la capra e i cavoli: quelle dannate Dieci Domande son sempre lì, imbarazzanti. Io un’idea ce l’avrei, caro Mastelloni. Una idea per cavar d’impaccio i repubblicones: stampare le dieci domande elaborate da quel genio di Giuseppe D’Avanzo su un cartoncino plastificato da allegare poi a Repubblica. Accompagnato da un pezzullo che dica più o meno questo: «Compagni lettori della Repubblica, amici, sinceri democratici. Per ottimizzare il cecchinaggio antiberlusconiano, abbiamo pensato di fornirvi del decalogo davanzesco, così che invece di ripassarvelo sul giornale, dove magari può sfuggirvi per via della sua progressiva miniaturizzazione, riponendolo nel portafogli o collocandolo in bella vista sul comodino l’avrete sempre a portata di mano e di occhio. La guerra continua». In quello stesso giorno, tirando un sospirone di sollievo tale da far vibrare le pareti, senza perderci l’intera faccia Ezio Mauro potrebbe finalmente impartire l’ordine tanto atteso: «Via dalle pagine quelle stupide dieci domande che non han fatto altro che portarci iella!». Cosa ne pensa, caro Mastelloni? Magari i repubblicones ci fanno un pensierino.

Messi come sono, mica possono andare tanto per il sottile.

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