Cultura e Spettacoli

Un’idea tutta italiana dell’astrattismo

All’Estorick Collection cinquant’anni di capolavori made in Italy, dai futuristi a Fontana, senza dimenticare la riscoperta di Scarpitta

Esportare l’arte moderna italiana per movimenti contestualizzando gli artisti, spiegare a un pubblico oltre i nostri confini come essa non sia solo composta di singoli maestri, ma sia ricca di correnti, è questa la percezione di Renato Miracco, curatore della bella rassegna sull’astrattismo italiano allestita alla Estorick Collection di Londra. Organizzata sulla scia della fortunata e visitatissima mostra alla Tate Modern dedicata per un anno intero a Burri, Fontana e Manzoni, la rassegna Italian Abstraction 1910-1960 (fino al 24 settembre, catalogo Mazzotta), propone un importante discorso d’insieme per sottolineare come l’avventura astratta italiana passi attraversso l’esperienza del futurismo e come le proposte artistiche non figurative, legate a una più intensa concezione della modernità e della scienza, costituiscano un substrato alle esperienze più debitamente astratte.
Come già per il divisionismo e l’aeropittura, la Estorick Collection è l’unica fondazione straniera specializzata nell’arte moderna italiana che consenta esposizioni e approfondimenti teorici su movimenti poco conosciuti nel mondo artistico anglosassone. Ottanta opere provenienti per lo più da collezioni private, raccontano cinque decenni di idea astratta in Italia, dalla decomposizione futurista dell’immagine nei quadri di Balla, al momento “concretista”, al fermento attorno alla galleria Il Milione di Milano quando sul finire degli anni Trenta si sviluppa in Italia la fase dell’astrattismo vero e proprio che culmina con lo spazialismo di Fontana e la ricerca materica di Burri.
La mostra che apre con Balla - l’Automobile in velocità del 1913 e due Compenetrazioni spaziali del 1915 -, espone Evola e Alfieri, un’Intersecazione di Tato, e quadri trainanti di Licini e Prampolini, Filia ma anche Perilli, Bice Lazzari Capogrossi, Atanasio Soldati, Savelli e Afro, sculture di Mirko e Munari, per terminare appunto con Burri e i tagli d’oro di Fontana, senza dimenticare la riscoperta di Scarpitta.
Le opere su carta, dal ’40 al ’60 sono esposte nelle sale dell’Istituto Italiano di Cultura, tempere e oro di Fontana, collages di Savelli, tempere di Melotti, pastelli di Tancredi.


Una mostra «storica», contestualizzante - dopo Londra andrà a Madrid, nei Paesi dell’Est Europeo e in Nord America -, che vuole essere un incentivo a creare una serie di confronti in quei Paesi in cui gli artisti italiani non sono percepiti come movimento ma come personalità, ribadisce Miracco, «una mostra vasta e stratificata che al di là delle iniziali perplessità si spera aprirà una breccia nella comparazione della storia artistica».

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