Marcello Zacché
da Milano
Una pioggia di utili. Eccola qui la «corporate Italia», fotografata come ogni anno da R&S, lufficio studi di Mediobanca. Per i grandi gruppi la crisi non esiste: per quelli privati il risultato netto aggregato, nel 2005, è cresciuto del 175% rispetto allanno prima. Mentre quelli pubblici hanno messo in cascina un rispettabile più 32%. E le dinamiche macroeconomiche attuali (compreso il rialzo dei tassi) non fanno pensare a bruschi cambiamenti di rotta per lanno in corso.
Lanalisi è tratta dai numeri della 31esima edizione di R&S dellannuario dei grandi gruppi: 50 raggruppamenti (35 industriali, 10 banche e 5 assicurazioni) che comprendono 82 aziende. Tra i gruppi new entry ci sono Roberto Colaninno con la sua Immsi-Piaggio e la nuova Parmalat, mentre sono usciti dai big sia Gemina, sia Gim.
Due i motivi che hanno spinto verso lalto gli utili aziendali: il primo è legato allimpennata dei prezzi delle materie prime energetiche, a cominciare dal petrolio. Una situazione che ha favorito i gruppi in grado di trasferire sui prezzi tali dinamiche, soprattutto grazie alla forte domanda a livello mondiale. Automatici gli effetti rilevanti su un sistema economico, quello italiano, ricco di big energetici pubblici (Eni, Enel) e privati (Edison, Aem). Idem per i gruppi siderurgici, che hanno cavalcato al meglio la situazione. E non a caso è stata Tenaris, azienda che produce tubi non saldati per lindustria del petrolio, ad aggiudicarsi loscar della redditività, con un rendimento sul capitale investito del 43,8%. La seconda è una motivazione più tecnica, legata alle regole contabili degli Ias, i nuovi criteri con cui vanno ora scritti i bilanci. Ebbene, limpatto Ias è stato positivo perché ha fatto cadere lobbligo dellammortamento dellavviamento (cioè la differenza tra quanto una società è stata pagata e il suo valore di libro) che ora è invece sottoposto a test periodici di valutazione. E questo ha spinto verso lalto lutile di un sistema privato che, nel suo aggregato, conta un rapporto tra avviamenti e capitale netto di uno a uno. La crescita degli utili ha portato nelle casse degli azionisti un fiume di dividendi: 14,3 miliardi, in aumento del 15,5%. Eni ed Enel, da sole, hanno staccato assegni per 8 miliardi.
Laltro lato della medaglia riguarda invece la discesa del patrimonio netto: in questo caso gli Ias hanno influito negativamente tramite la valutazione a «fair value» delle partecipazioni disponibili per la vendita. Ma non è solo questo: sullo stato patrimoniale dei grandi gruppi continua a pesare come un macigno il debito, soprattutto dei gruppi privati. Basti pensare che lindice che misura il rapporto tra capitale netto e debiti per i gruppi privati resta ampiamente sotto lunità: è pari al 72,5%. Vale a dire che per ogni 100 euro di debito i gruppi ne hanno solo 72,5 di capitale.
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