Roma - La solita giornata vissuta pericolosamente. Il via-vai di riunioni per trovare il bandolo della matassa, i consueti psicodrammi per i «sì» strappati a forza. La «sofferenza» dei soliti riottosi e il «batti-quorum» per i «no» annunciati e poi rientrati. Ma soprattutto i sotterfugi per abbassare la soglia minima di maggioranza e, corrispondentemente, anche la cosiddetta «maggioranza politica». L’ultima frontiera «tecnica» della maggioranza a Palazzo Madama, decisa l’altra notte, con il senatore verde Mauro Bulgarelli riuscito a farsi mettere «in congedo» proprio a Vicenza. Lo ha rivendicato in conferenza stampa: «Era una possibilità tecnica per dire no alla guerra, d’altronde avevo detto l’ultima volta che venne D’Alema in Senato che avrei votato no al rifinanziamento della missione. E poi sono accadute altre cose come il corteo di Vicenza, le tante persone non ascoltate, la liberazione di Mastrogiacomo e il trattamento allucinante riservato a Gino Strada ed Emergency».
Ma se il dissenso di alcune «schegge impazzite» della sinistra radicale è ormai diventato ordinario, l’Unione ha vissuto ugualmente la sua ventiquattr’ore di paura, terminata con l’applauso liberatorio dei ministri presenti in aula (D’Alema, Parisi, Mastella, Chiti, Bonino e Turco) dopo il voto. La diga della «maggioranza politica» è però incrinata, pur con il camuffamento dalle assenze e l’abbassamento del quorum. Debole la tesi sostenuta dalla capogruppo dei Verdi-Pdci, Manuela Palermi: «La maggioranza politica è una cosa ridicola, che non esiste nel panorama politico». L’«invenzione» alletta invece il sottosegretario alla Difesa, Gianni Vernetti, della Margherita, felice di prevedere, «senza i 158 voti di senatori eletti con l’Unione», l’apertura «di una fase politica nuova e interessante». A rendere meno grave la defaillance, il voto dell’Udc che non è costato contropartite. «Anzi, diciamocela tutta, è un sì arrivato gratis», come ha sintetizzato in una battuta il senatore ds Salvi. «Ma no, poi qualcosa si troverà... », gli ha risposto il capogruppo Prc, Russo Spena.
In effetti, il voto a favore del partito di Casini è sembrato allo stesso centrosinistra frutto più di una posizione di debolezza che di forza politica. Tanto che nella capigruppo il presidente Marini ha rifiutato la riapertura dei termini per la presentazione delle mozioni richiesta dall’Udc. «Effettivamente Casini è in grossa difficoltà, e bisognerà tenerne conto», hanno ripetuto molti nell’Unione, dopo aver incassato il gruzzolo dei venti voti centristi.
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