da Reggio Calabria
Sono passate da poco le nove del mattino, la giornata a Reggio Calabria è fredda ma limpida.
Sembra un giorno come altri, i bimbi stanno giocando allinterno dellasilo «Il girotondo» quando Christian Familiari, 32 anni, riesce a farsi aprire la porta con uno stratagemma e poi, a forza, entra nelledificio. Minaccia con un taglierino il personale, poi raduna nella sala giochi gli undici bimbi presenti e lì comincia lincubo.
Immediatamente è ben chiaro che luomo non ha richieste chiare da effettuare. È nervoso, evidentemente poco lucido. Inizia un estenuante braccio di ferro, ma più che una trattativa vera e propria si tratta di un dialogo: «Abbiamo compreso ben presto - dichiara il capo della squadra mobile, Renato Cortese - che avevamo di fronte una persona che ce laveva con il mondo intero, per una serie di gravi problemi personali e, paradossalmente, questo poteva rivelarsi ancora più pericoloso. Non abbiamo avuto limpressione che volesse effettivamente far del male ai bimbi, ma certamente il suo stato di agitazione e il fatto che avesse unarma consigliavano massima prudenza».
I minuti passano e sul posto giungono anche il procuratore capo Scuderi e il sindaco di Reggio Calabria Giuseppe Scopelliti. E proprio qui comincia il dialogo: «È stato la chiave della vicenda - sottolinea il questore, Santi Giuffrè - si trattava di un uomo che aveva il disperato bisogno di parlare, di sfogarsi».
E mentre fuori la tensione saliva e si arriva anche a momenti di contrasto tra i familiari dei piccoli, il dialogo più approfondito Familiari lo tiene proprio con il sindaco di Reggio Scopelliti.
Attraverso una finestra cui lo stesso Familiari ha rotto un vetro i due si parlano: «Abbiamo discusso a lungo - conferma Scopelliti - ho compreso il dramma delluomo per una situazione personale difficile, ma non ho capito nemmeno minimamente cosa possa averlo spinto a un gesto così grave e soprattutto nei confronti di chi non centrava nulla, un gruppo di bimbi».
Il tempo passa e se la gestione della situazione allesterno è affidata alla mediazione dei rappresentanti istituzionali, allinterno della struttura i sottilissimi equilibri sono tenuti sotto controllo dalla maestra, Lorenza Mangiola, che riesce a tenere testa al sequestratore, e, contemporaneamente, a regalare un minimo di tranquillità agli undici bimbi che continuano a giocare tra loro inconsapevoli della brutta avventura che stanno vivendo: «Una volta dentro - dice a incubo finito - abbiamo capito subito che si trattava di uno squilibrato e abbiamo cercato di salvaguardare i bambini. Era il nostro unico obiettivo».
«Un obiettivo - rimarca Cortese - perseguito dalla maestra con grandissima professionalità, che ci ha aiutato moltissimo nella gestione dei colloqui e che, al tempo stesso, ha tutelato non solo fisicamente ma anche per quanto riguarda lo stato danimo i bimbi».
Il tempo passa, arriva anche il padre di Familiari che prova a convincerlo, ancora attraverso il vetro rotto, a desistere. Ma la tensione allesterno sale ancora, un uomo ha un malore e viene trasportato via. Sono le 13.27 quando il dialogo, col sindaco prima e con la polizia poi, produce effetti: Familiari libera il primo bimbo. Nei trenta minuti successivi saranno altri quattro i piccoli ostaggi a lasciare lasilo. Lepilogo si avvicina e, però, deve passare da un vero e proprio blitz della polizia. Poco dopo le 15 siamo alle ultime curve, le più pericolose. Mentre un appuntato parla con Familiari da una porta secondaria entrano le forze dellordine. Il sequestratore non oppone alcun tipo di resistenza. Alle 15.
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