Indagine choc: una su dieci fa sesso in classe

Fino a qualche anno fa i 14 anni erano l’età del primo bacio, dei primi appuntamenti. Ora sono l’età del primo rapporto sessuale per un’adolescente milanese su sei. Magari consumato nei bagni della scuola o in classe, durante i giorni di occupazione o all’intervallo. Il 10 per cento delle teenager ammette di aver perso la verginità tra i banchi di scuola e il 37 per cento confessa di non aver nemmeno usato il profilattico. Non solo. Il partner è, per la maggior parte delle volte, occasionale e non dura mai più di un anno scolastico. Dopo di lui si susseguono almeno altri quattro fidanzatini, con altrettanti rapporti sessuali non protetti. È quanto emerge da un’indagine svolta da Sigo (società italiana di ginecologia e ostetricia) su 600 adolescenti. L’atteggiamento fin troppo «sportivo» delle ragazzine milanesi fa scattare l’allarme tra i medici. Prendere il sesso così alla leggera e avere rapporti occasionali senza precauzioni già a 14 anni aumenta all’ennesima potenza il rischio di Hiv.
Da qui l’idea. Nel giro di un mese decollerà il progetto che il Comune di Milano ha studiato assieme al Policlinico: un laboratorio itinerante che farà servizio di consulenza agli under 26 su temi come le malattie sessualmente trasmesse, Aids in cima alla lista, e sulle infezioni che si possono contrarre cambiando spesso partner. Al progetto prenderà parte anche l’Asl con i suoi laboratori.
Il virus dell’Hiv è tutt’altro che un allarme relegato agli anni Novanta. Se ne parla meno, ma i numeri sono da brivido, soprattutto a causa delle nuove abitudini sessuali, sempre più irresponsabili: nel 2008 40mila lombardi hanno ricevuto prestazioni sanitarie per l’Hiv e duemila sono quelli che si sono rivolti agli ospedali dopo aver scoperto di essere sieropositivi. Una media di cinque richieste al giorno. Non solo, l’Hiv è una delle prime cause di morte per le donne tra i 15 e i 44 anni.
A rischio quindi anche i giovanissimi. «L’età dei primi rapporti sessuali - spiega Mauro Moroni, presidente di Anlaids Lombardia - si è abbassata a 15 anni e l’attività sessuale si è estesa anche alla terza età grazie ai supporti farmacologici». E non si può sottovalutare nemmeno il fenomeno del turismo sessuale in Brasile o in Thailandia. «Il problema - sostiene Moroni - è che al ritorno quasi nessuno fa il test dell’Hiv. Tanto che sei sieropositivi su dieci scoprono di aver contratto l’infezione in ritardo anche di cinque o sette anni». La conseguenza? Scoprire il contagio in ritardo si ripercuote sia sulla terapia sia sui conti della sanità. «È anche un problema di salute pubblica e di economia sanitaria - precisa l’esperto -. Le persone che cadono nella rete dell’Hiv non guariranno mai più, dovranno curarsi e le cure per ognuno di loro costano dai 20 ai 30mila euro l’anno. Bisogna più che mai promuovere i test. La piaga della sieropositività sommersa richiede delle campagne di informazione pressanti e continue che purtroppo oggi mancano».

Per questo il Comune intensificherà le campagne di informazione nelle scuole e nei luoghi frequentati dai giovani, con test gratuiti e una consulenza degli esperti tra novembre e dicembre, quando un camper contro l’Hiv girerà per le piazze di Milano.

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