Per gentile concessione dell'editore Mondadori, pubblichiamo un brano da Ics, dalla raccolta di Racconti di Evgenij Zamjatin, che sarà in libreria martedì (pagg. 324, euro 14, a cura di Alessandro Niero).
Nello spettro visibile di questo racconto le righe principali sono quella dell'oro, del rosso e del violetto, poiché la città è piena di cupole, di rivoluzione e di lillà. La rivoluzione e i lillà sono in piena fioritura, dal che, con un certo grado di attendibilità, si può dedurre che l'anno è il 1919 e il mese maggio.
Questo mattino di maggio comincia così: all'angolo fra la Blinnaja e la Rosa Luxemburg appare una processione, a quanto pare religiosa: otto figure ecclesiastiche ben note a tutta la città. Queste figure ecclesiastiche non agitano però incensieri, bensì scope, il che trasla tutta l'azione dal piano religioso a quello rivoluzionario: si tratta di meri soggetti non lavoratori che scontano la prestazione di lavoro obbligatoria a vantaggio del popolo. Invece di preghiere, si levano al cielo nuvole di polvere dorata; la gente sui marciapiedi starnutisce, tossisce e si affretta tra la polvere. Sono appena passate le nove si lavora alle dieci , ma oggi, chissà perché, tutti sono saltati fuori di buon'ora e ronzano come api in procinto di sciamare.
Quel giorno (20-05-1919), ogni cittadino di età compresa tra i diciotto e i cinquant'anni, a esclusione dei borghesi più impenitenti, stava sul posto di lavoro e per tutti, quel giorno, qualcosa di insolito era evidentemente in serbo in tutti gli UEPO, UEKO, UONO possibili e immaginabili. Che si trattasse di qualcosa, di una ics, era importante: la natura umana è tale da essere attratta proprio dalle ics (cosa che si sfrutta benissimo in algebra e nei racconti). In questo caso la ics originò dal diacono pentito Indikoplev.
Il diacono Indikoplev, dopo aver confessato pubblicamente di aver ingannato il popolo per dieci anni, adesso godeva, naturalmente, sia della fiducia del popolo sia di quella del potere. A volte capitava perfino che andasse a pescare con il compagno Sterligov dell'UIK; così, per esempio, era stato la sera prima. Tutti e due osservavano i galleggianti, l'acqua oro-rosso-violetta e parlavano di ghiozzi, di condottieri della rivoluzione, di melassa di barbabietola, della fuga del socialista rivoluzionario Perepecko, dei pescicani imperialisti. E qui il diacono, completamente a sproposito, fece notare, coprendosi confuso con il palmo della mano:
«Compagno Sterligov... le vostre brache, con licenza parlando, sul di dietro... non è che siano proprio, come si suol dire... però hanno come un...»
Il compagno Sterligov si limitò a grattarsi il pelame della faccia:
«Vabbè, fino a domani tireranno! Domani, probabilmente, distribuiranno al personale un indumento di produzione; dalla capitale è arrivata una carta. Questo però ve lo dico in confidenza».
Rincasando con tre acerine, lungo la strada il diacono, naturalmente, bussò alla finestra del telegrafista Alëka e glielo riferì; in confidenza, naturalmente. Il telegrafista Alëka, come voi sapete, è un poeta e ha già scritto otto funty di versi: eccoli là ficcati in un baule. In quanto poeta, non si riteneva autorizzato a tenersi il segreto nell'anima: missione del poeta è spalancare l'anima a tutti. E verso mattina, tutti, dai diciotto ai cinquant'anni, sapevano dell'indumento di produzione. Ma nessuno sapeva cosa fosse un indumento di produzione.
A tutti era chiara solo una cosa: dicesi indumento di produzione un qualcosa che discende genealogicamente dalla foglia di fico, un qualcosa che copre la nudità degli Adami e abbellisce la nudità delle Eve. All'epoca, però, la superficie complessiva di nudità superava decisamente la superficie delle foglie di fico, tanto che, per esempio, il telegrafista Alëka da tempo ormai andava a lavorare in mutandoni che, per mezzo di olio di lino cotto, nerofumo e minio, si erano trasformati in pantaloni impermeabili grigi con una striscia rossa.
Quindi si capisce come mai l'indumento di produzione per Alëka si incarnasse in forma di pantaloni, per la bella Marfa fiorisse in forma di cappello rosa maggio, per l'ex diacono si materializzasse in un paio di stivali e così via.
Insomma, l'indumento di produzione era, evidentemente, un qualcosa di simile al protoplasma, alla materia primaria, dalla quale si è sviluppata ogni cosa: baobab, agnelli, tigri, cappelli, socialisti rivoluzionari, stivali, proletari, borghesacci impenitenti e il diacono pentito Indikoplev.
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