«Gigi Proietti mi ha insegnato che prima e dopo la battuta cè tutto il tempo per criticare, durante no. Gli applausi? Cercherò di guadagnarmeli perché rispetto il pubblico che viene a teatro per la fiducia televisiva, ma ho il terrore che il Sistina da solo non basti a fare uno show» dice tutto dun fiato Flavio Insinna che, smessa la tonaca di Don Matteo e salutato lo staff di Affari tuoi, è tornato al suo primo amore, il teatro. Stasera lattore romano dalla voce vellutata e il cuore in fiamme («in 21 anni di carriera mi è sempre bruciato qualcosa dentro, in scena porto con me dubbi e paure») espugnerà il Sistina con Senza Swing. Uno spettacolo nato sulle ceneri di un altro show pensato anni fa dal popolare ex uomo dei pacchi che ha scritto il copione insieme con Manfredo Rutelli, Andrea Lolli e il regista Giampiero Solari da un testo di Pier Paolo Palladino. A metà tra desideri e vita vissuta, voglia di riscatto e istrionismo, Senza Swing racconta la storia di una banda di caserma, zeppa di carri armati e composta da caratteri diversi, che diventa contenitore di altre storie. Microcosmo variopinto in cui convivono vite piccole e meschine, speranze e vanagloria: cè il furbo, lingenuo, legoista, il rozzo, quello che si arrangia eccetera. «Lo show è una specie di favola buoni contro cattivi in cui ci leviamo lo sfizio di far vincere i buoni, cosa che nella realtà non capita. Io? Sono la voce narrante dello spettacolo in cui la musica è protagonista e mi permetto, con tutta lumiltà, di rendere omaggio a Vittorio Gassman de La Grande guerra e ai sublimi cattivi che ha cesellato nellarco della carriera».
Supportato da un complesso di nove elementi a metà strada tra la classica banda da caserma e big band locale, Insinna - nonostante sui manifesti campeggi con un sassofono in mano - non suonerà, né aprirà pacchi. «Mi divertirò solo a giocare tanti ruoli, un po come il bambino che prima si diverte a fare il cowboy e poi si trucca da indiano». Un semplice travestimento, un dettaglio aggiunto qua e là allabbigliamento sobrio ed essenziale («non ammicco, indosserò pantalone e camicia bianca. Magari perderò la partita, ma la voglio giocarla così: sono il Rino Gattuso di RaiUno»), et voilà. Insinna diventa uno e centomila. «Faccio il maresciallo di origini meridionali, un uomo rozzo e ignorante, ma passionale, dal cuore puro come Cyrano che combatte per lidea consapevole dellinsuccesso. E mi diverto coi dialetti, imitando i caratteri di altri cinque soldati provenienti da varie regioni. Il più furbo? È il romano ovviamente, lui ha la nomea ma spesso succede che i furbi sono altri. Comunque in scena ci sarà anche il romano ingenuo, quello che subisce le angherie degli altri». Uno spettacolo dal manifesto ideologico chiarissimo, dunque, esaltato dal pentagramma del gruppo musicale con cui Insinna si esibisce da tempo. «Ho atteso undici anni prima di questo debutto, e senza usare scorciatoie. La band? È composta da ragazzi toscani di provincia che come me ci hanno creduto, lavorando con passione nei teatri allaperto, in spazi con palchi piccolissimi, a Tor Tre Teste e persino al Forlanini per i malati. Col nostro swing cerchiamo di rallegrare gli italiani in questo momento difficile». Così, visto che la vita nei quartierini pullula di furbi e la lotta tra bene e male è ancestrale nelluomo, la speranza è nei giovani: «vorrei che pensassero alleventualità di abbandonare le scorciatoie, che rendono la vita mediocre» mormora Flavio Insinna che tra sparatorie e gangster, spruzzate dAmleto e tocchi di Glenn Miller, un po mister Volare un po' Tom Waits cercherà di accendere la platea con un copione positivo in cui prevale lentusiasmo per la vita «senza secondi fini».
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