L'Inter guadagna un punto, Mourinho resta fedele alle sue idee e inserisce prima Balotelli e Obinna, poi anche Cruz, preferisce sempre rischiare di perdere piuttosto che pareggiare, ma ieri l'hanno tradito proprio i sostituti. Parole sue. Il Genoa alla fine del primo tempo era da dieci: ma non possono tenere a questo ritmo altri 45 minuti, si diceva. Invece Diego Milito continua a fare il partitone, stanga in porta un paio di volte, Julio Cesar respinge in tuffo: sono gli ultimi colpi, si dice in tribuna, adesso schiattano. Daniele Orsato espelle Juric, sono in dieci, ci siamo. Niente. Al 32' e 30 secondi del secondo tempo Gasperini richiama anche Milito, c'è ancora un quarto d'ora, il tempo per metterla dentro è abbondante, invece ciccia. Cinque di recupero, il Genoa non arretra di un metro, finisce con Julio Cesar che deve gettarsi sulla sua sinistra per neutralizzare una punizione di Thiago Motta e salvare il punto, poi arriva il fischio finale.
Alla fine della partita il Genoa in dieci è da undici. E neppure si può dire che l'Inter abbia demeritato, tolti quei due o tre che non hanno fatto quello che dovevano, come spiega Mourinho, ma questo è successo poi, in sala stampa, quando il portoghese ha messo sul tavolo la sua visione della partita. In campo si è visto quasi di tutto, Cordoba e Burdisso a lavorare come fabbri su Milito, Stankovic correre per due, Maicon bene sulla fascia in un duello eccitante con Mesto, ma tiri in porta zero virgola zero. Occasioni tante, conclusioni tante, in porta nessuna, Rubinho ha dovuto esibirsi solo in capriole aeree su cross quasi innocui dalla trequarti.
Era dal 29 maggio del 2005 con la Reggina che l'Inter in casa non faceva 0-0, quasi un'eternità. Da sessanta partite casalinghe consecutive segnava. Prima o poi poteva succedere. E qualche segnale era arrivato, tutte faticosissime le vittorie interne, Catania e Lecce le prime che vengono in mente, Anorthosis quattro giorni fa. Il Genoa era qui per portare via il punto, coperto, molto coperto, ma quando ha capito che aria tirava è diventato audace con Milito terminale perfetto, un centravanti che cambia una squadra. Non ha perso un contrasto, ha regolarmente preceduto la coppia di centrali interisti che se lo scambiavano, incredibile al 23' della ripresa quando circondato da cinque nerazzurri sul cerchio del centrocampo, è arrivato per primo sulla palla costringendo Burdisso al fallo da ammonizione. E lo stesso Burdisso, nei primi minuti, aveva già avuto occasione di levigargli le caviglie con qualche entrata al limite del regolamento, fatta eccezione per quella al 18', veramente dura.
Ma l'Inter era in gran movimento, tutta un fremito, su tutti Adriano che Mourinho dice di aver sostituito perché stanchissimo. Ma il brasiliano si è preso scrosci di applausi quando in più di una occasione ha riguadagnato la palla persa dai compagni. Mourinho dirà che ancora non ha perso il vecchio vizio di chiedere la palla sul piede, giocata che con una difesa a tre come quella del Genoa è perdente, perché come salti il primo avversario, in seconda battuta arriva l'altro a castigarti. Tutto vero, anche se il Genoa non ha giocato a tre dietro, ma con una grande ammucchiata, ordinata ma tanta, Criscito ha camminato su Ibrahimovic per tutta la partita, Mesto si è occupato di Maicon (prestazione che si è impennata quando prima ha mandato alto su respinta di Julio Cesar, poi ha preso una clamorosa traversa da venti metri abbondanti), Marco Rossi invece ha giocato una partita meravigliosa davanti alla difesa.
L'Inter davanti ha fatto fuoco e fiamme senza incendiare niente, l'unico vero pericolo corso da Rubinho è stato un tentativo di autogol di Rossi, di testa, su centro di Maicon, con palla che ha colto la parte alta della traversa poco prima che il Genoa rimanesse in dieci.
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