Intercettazioni fai da te, spiata pure l'Arcigay

Sui siti della comunità omosessuale i colloqui sottotitolati del capo dell'associazione. L'ombra di un ricatto interno: registrate le strategie in vista delle elezioni del movimento. Così furono nascoste le prove nell'inchiesta sul pool di Milano

Intercettazioni fai da te, spiata pure l'Arcigay

Spy-gay, tra servizi segreti e servizietti audio. Sono arrivati a ipotizzare la Spectre internazionale e la massoneria deviata i seguaci (ma anche i detrattori) dell’Arcigay, la maggiore associazione omosessuale italiana vicina al Pd, increduli per le intercettazioni fai-da-te con la voce del presidente nazionale, Paolo Patanè, postate sui siti gay e su youtube. Tema della chiacchierata pirata dove si tirano in ballo nomi noti e meno noti del mondo omosex (politici come Vladimir Luxuria, Imma Battaglia e giornalisti Rai) lo scontro ferocissimo per l’accaparramento di voti in vista del congresso provinciale romano, e l’attivismo sfrenato dello stesso Patanè per arrivare con più delegati possibili all’assise nazionale di Perugia che nel febbraio 2010 l’ha incoronato presidente. A côté dello spionaggio omosessuale anche i veleni sulla gestione dei finanziamenti ottenuti dal ministero del Welfare (150mila euro all’incirca) per l’installazione di un numero verde istituzionale attivato da poco, però, a pagamento e in funzione solo a Bologna.
Ma andiamo per gradi. Da giorni, sui maggiori siti internet della comunità omosessuale (notiziegay.com, gaynews24 eccetera) rimbalza un’intercettazione telefonica fra il presidente dell’Arcigay Paolo Patanè e un iscritto. Chi l’abbia fatta è un mistero. L’ombra del ricatto, o della vendetta, si allunga sull’associazione. La voce del primo è nitida. Criptata, invece, quella del suo interlocutore. Per entrambi parlano, e quanto parlano, i sottotitoli che raccontano della strategia di Patanè di far fuori la concorrenza puntando a «pilotare» la nomina dei delegati al congresso nazionale. Obiettivo? Mettere le mani sui pacchetti di voti, per l’esattezza sui tredici associati provenienti dalla capitale. Stando alle regole dell’Arcigay, infatti, ogni comitato provinciale ha autonomia politica nella scelta dei delegati da inviare al congresso per l’elezione degli organi dirigenti. La «truppe cammellate» evocate nell’intercettazione avrebbero avuto questo scopo: sostenere la lista «Essere futuro» (peraltro già criticata per la presenza, nel listino, di un professore coinvolto nel 2008 in una oscura vicenda di molestie sessuale in danno di due cadetti dell’accademia di Modena) e i delegati favorevoli alla sua elezione a presidente. Vere o manipolate che siano, le intercettazioni rintracciabili attraverso il link più cliccato sui siti gay (http://www.notiziegay.com/?p=67006) offre uno spaccato desolante del movimento omosessuale assai preoccupato da una seconda, possibile, ondata di audio-pirata. Rintracciato dal Giornale il presidente dell’Arcigay parla così della registrazione abusiva: «Questo episodio si commenta da solo. Verrà da me sottoposto all’attenzione della magistratura perché è un’operazione illegale, un atto grave. È un gesto volgare, bisogna capire chi e perché lo ha messo in pratica». Un’idea sull’intercettatore misterioso, Patanè sembra averla. «So con chi stavo parlando in quel momento ma non so chi abbia materialmente registrato la telefonata. Il problema è che probabilmente è stato fatto un montaggio, sono state agganciate cose diverse, e quindi il risultato che ne viene fuori è il tentativo di far apparire una persona in una luce negativa». Il mondo gay è in subbuglio. Lo spettro di una compravendita di voti è tema di discussioni animate nell’associazionismo pro o contro Arcigay. «Non c’è mercimonio perché non c’è alcun cenno a un passaggio di denaro. La telefonata - insiste Patanè - non contiene affermazioni lesive di nessuna norma, regola, legge o principio. C’è solo un leader di una mozione che interloquisce con un possibile delegato, tutto qui. Non c’è niente di cui debba preoccuparmi, sono serenissimo. Più che al contenuto occorre interessarsi al “metodo” della registrazione e divulgazione in internet».
Nell’attesa di sapere se e quante ulteriori chiacchierate possano finire online, sul filo del telefono gay corrono polemiche a non finire. Il sospetto è che possa esserci del marcio anche nella gestione dei 150mila euro ottenuti dal ministero del Welfare per l’istituzione di un numero unico nazionale da attivarsi all’inizio del 2010 (ma in funzione solo a Bologna) e da pubblicizzare il più possibile con campagne mediatiche (di cui nessuno, secondo un reportage di Italia Oggi, nelle comunità gay è a conoscenza). Bert D’Arragon, a nome dell’Arci, ha stigmatizzato illazioni e sospetti spiegando che l’utenza esiste (vero) anche se non è «verde», perché il contatto che in pochissimi conoscono è a pagamento. E non è nemmeno «unico» ma solo «raggiungibile» a Bologna da tutta Italia. Sorpresa dallo tsunami telefonico Vladimir Luxuria: «Di questa cosa del numero verde non so niente, sulle intercettazioni finite su youtube invece, posso dire che è un fatto assai sgradevole, che mi ha sorpreso non poco.

Da sempre io rispetto il movimento indipendentemente dal numero degli associati. Mai ho partecipato ai congressi Arcigay, mai ho dato indicazioni di voto perché non mi piace lavorare dietro le quinte, sono una persona che dice sempre le cose in faccia, io».
gianmarco.chiocci@ilgiornale.it

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