RomaDoveva essere il redde rationem e invece niente. La tanto attesa resa dei conti tra Berlusconi e Fini non ci sarà, con buona pace di chi - da una parte e dall’altra - vorrebbe chiudere definitivamente la contesa con i fuochi d’artificio per evitare di finire vittima di un eventuale scambio di prigionieri nel caso di un accordo che in verità pare ancora lontano. Se i due contendenti trovassero un’intesa, infatti, è chiaro che le prime teste a cadere sarebbero quelle dei falchi che più in questi mesi hanno affondato colpi (i colonnelli dell’uno e dell’altro fronte). Mentre una tregua non farebbe che legittimare le colombe.
Uno scenario ancora lontano, perché l’armistizio sul ddl intercettazioni che si siglerà domani mattina all’ufficio di presidenza del Pdl è solo il frutto di una lunga mediazione, voluta sì da Berlusconi ma gestita in prima persona da Napolitano. Insomma, né vincitori né vinti. Ma solo la convenienza di entrambi i contendenti. Con il premier a dire che ha semplicemente accolto i rilievi del Quirinale e il presidente della Camera a sostenere che gli aggiustamenti sono quelli che aveva chiesto lui. Tutti soddisfatti, insomma. Perché Berlusconi porterà a casa un testo sulle intercettazioni che non è certo la panacea che sperava ma che comunque è meglio di niente, mentre Fini non si troverà nella scomoda e poco comprensibile posizione di dire «no» a un provvedimento che domani mattina avrà l’investitura formale del Pdl con il voto dell’ufficio di presidenza.
In verità le trattative sono tuttora in corso e ancora ieri - da Arcore - il Cavaliere è tornato a occuparsi della questione. Una giornata che per il premier si è aperta con un brivido quando sulla bilancia del suo studio hanno appoggiato le agenzie che raccontavano del lieve malore che ha colto Napolitano mentre rendeva omaggio alla tomba di Cavour a Santena. La finiana Bongiorno, infatti, non ha ancora avuto il tempo di studiare nel dettaglio la versione definitiva del ddl intercettazioni perché impegnata su altri fronti. Dall’entourage di Fini, però, non si nasconde un certo ottimismo sull’ufficio di presidenza del Pdl in programma domani. Il segnale che sia Ronchi che Urso (Bocchino non ne fa più parte da quando non è più vicecapogruppo vicario alla Camera) sono pronti a sostenere il testo. Tanto che il presidente dei senatori del Pdl Gasparri auspica addirittura un voto «all’unanimità». All’ordine del giorno ci saranno gli emendamenti del Pdl al ddl intercettazioni che saranno poi presentati in aula nel pomeriggio di martedì. Con l’obiettivo di arrivare al via libera definitivo del Senato entro giovedì.
Ma è ancora in ballo l’ipotesi della fiducia, nonostante la mediazione con il Pd portata avanti da Schifani in questi giorni. Gasparri, infatti, è piuttosto scettico sul fatto che il Partito democratico non alzerà le barricate e non esclude che il testo possa essere blindato. Il che avrebbe anche ripercussioni interne al Pdl, perché è chiaro che un ddl sostenuto prima dal voto dell’ufficio di presidenza del partito e poi dalla fiducia del governo sarebbe - a scanso di equivoci - difficilmente modificabile alla Camera. Dai finiani, ovviamente. Visto che a Palazzo Grazioli il timore è che la Bongiorno, presidente della Commissione giustizia di Montecitorio, possa tornare a sollevare dubbi e perplessità.
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