Cronache

«Interessi cinesi prima dei nostri»

«Interessi cinesi prima dei nostri»

Una cosa sola sappiamo con certezza della Cina: che in questo paese il rispetto dei diritti umani non esiste e per ora neppure si pone come meta a breve o a lungo termine. Un’altra cosa è chiara ormai da anni al cittadino attento ma a quanto pare non al politico coi paraocchi: il mercato italiano è stato letteralmente colonizzato dalla produzione cinese, quasi sempre di basso profilo, che ha invaso non solo i mercatini rionali e i negozi cinesi spuntati in quantità come funghi dopo la pioggia, ma anche i migliori negozi di elettronica, ferramenta, abbigliamento, calzature e quant’altro per brevità non cito. Che dietro e tutto ciò vi sia la magia cinese lo sanno anche i ragazzini, ma i nostri governi fanno, come si dice in Spagna, «la vista gorda».
Un esempio pratico: in una via elegante del centro di Genova è aperto da anni un negozio cinese che vende abbigliamento e altri articoli di bassissima qualità, sempre vuoto di clienti. Commentavo con la negoziante di un bar vicino come fosse possibile che un negozio con quel giro d’affari pagasse i salatissimi affitti della zona. Ridendo storto mi ha risposto: «Ma che affitto! Si sono comprati i locali...». Da chi foraggiati, sarebbe interessante sapere! Se poi gli interessi di alcuni devono passare sopra al comune interesse di difesa del nostro mercato nazionale si abbia per decenza il coraggio di dirlo!
Ma forse io vivo nel Paese dei sogni, nel Paese che non c’è...

Cavaliere al merito della Repubblica italiana

Invece lei, cara Signora, vive nel Paese che c’è o ci fa: il «Paese legale», intendo, ché il Paese reale, per fortuna, è un’altra cosa. E mentre i rappresentanti del Paese legale se ne vanno in gita nell’ex Celeste Impero passando sopra le regole della democrazia e della difesa dei legittimi interessi dei concittadini con una disinvoltura che rasenta la sfrontatezza (nel senso che la supera abbondantemente), il Paese reale sgobba e produce, nonostante tutto.

E se vuole andare in Cina o altrove, il Paese reale - quello che ci piace frequentare, anche tramite il Giornale - si paga il viaggio di tasca propria.
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