Da 100 a oltre 30mila euro per infrazioni che prima non venivano nemmeno rilevate

Da 100 a oltre 30mila euro per infrazioni che prima non venivano nemmeno rilevate

Non sono bastati i tassisti in rivolta nelle piazze di tutta Italia. Non sono serviti i farmacisti sul piede di guerra per la proliferazione dei negozi e l’allungamento degli orari. E nemmeno l’ira dei benzinai per l’aumento delle accise o i cattolici infastiditi dall’introduzione dell’Imu sugli immobili della Chiesa. La lotta del governo ai furbetti di ogni specie e colore, da Cortina a Lampedusa (via Portofino), continua imperterrita.
L’ultima mossa di Monti è quella di rendere la vita difficile agli importatori, agli spedizionieri e ai doganalisti: nel decreto legge del 2 marzo scorso, dal titolo «Disposizioni urgenti in materia di semplificazioni tributarie, di efficientamento e potenziamento delle procedure di accertamento», si è pensato bene di alzare di sei volte l’attuale sanzione amministrativa. Un aumento della tariffa delle sanzioni di più del 600% per chi commette errori anche formali, in buona fede, nella compilazione dei documenti doganali che accompagnano le merci. In pratica, mentre fino a ieri chi commetteva un errore di compilazione nella dichiarazione di importazione per ciò che riguarda la differenza di qualità, quantità e valore delle merci, doveva pagare una sanzione proporzionata alla differenza dei diritti riconosciuti superiori al 5%, da adesso, per la stessa infrazione, sono stati stabiliti scaglioni che aumentano la sanzione a dismisura: «Per diritti oltre 4mila euro si applica la sanzione amministrativa da 30mila euro a 10 volte l’importo dei diritti».
Fino ad oggi, queste infrazioni venivano punite con sanzioni «disciplinari», il più delle volte nemmeno rilevate dagli agenti di Dogana, soprattutto perché non comportavano differenze di diritti doganali. Inoltre per riscuotere il vecchio importo di appena 34,33 euro (103 euro in misura ridotta ad 1/3 se pagata entro 60 giorni) si doveva produrre un verbale, una rettifica della bolletta di importazione, una notifica per la sanzione, una bolletta di avvenuto pagamento. Una montagna di scartoffie e di burocrazia, insomma, tale da non giustificare nemmeno la somma da riscuotere.
Da oggi, invece, è cambiato tutto. «La sanzione prima era proporzionata all’infrazione commessa - spiega Cesare Guasti, vicepresidente dell’associazione spedizionieri doganali di Milano - mentre ora è estremamente penalizzante per noi. È possibile sbagliare, perché lavorando si sbaglia; anche in caso di errori veniali, commessi in buona fede, che possono accadere e che fino ad oggi venivano sanzionati in misura ridotta, con la nuova stesura la sanzione ha assunto un carattere punitivo».
Tutta la categoria chiede ora l’annullamento dell’articolo del decreto che aumenta l’importo dell’ammenda, con una completa riformulazione di tutta la normativa. Tra l’altro, da adesso, tutte le operazioni doganali non più eseguite in Italia, ma nel resto della comunità, andranno a vantaggio degli altri paesi che incasseranno il 25% dei dazi. «Non c’è logica - conclude Guasti -. Infatti, l’immediata conseguenza di questo balzello nuovo di zecca è che porterà via lavoro dall’Italia con gravi ricadute occupazionali.

Infatti, molti clienti importatori stanno già guardando verso altre soluzioni, visto che oltretutto la supermulta pesa anche sulle loro teste». Non vale la pena rischiare per una sanzione che, tra l’altro, esiste solo in Italia. E che è salatissima.

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