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"L'Italia è in ostaggio di pm e burocrati. Anch'io perseguitato"

Maurizio Zamparini, imprenditore e presidente del Palermo, racconta: così uccidono le aziende

"L'Italia è in ostaggio di pm e burocrati. Anch'io perseguitato"

Milano - «L'Italia? Un Paese da commissariare. Che le decisioni le prenda uno e uno soltanto, così, almeno, si potrà sperare di andare avanti, di fare progresso, di creare posti di lavoro. E di uscire dal pantano degli orpelli, delle leggi e delle leggine che ha reso pazzesco questo nostro straordinario Paese». Come sparare un rigore. Dritto in rete. Come sempre. Come tutta la vita di Maurizio Zamparini, il popolare imprenditore immobiliare che, con la sua presidenza, ha reso ancora più roseo il futuro della squadra rosa-nero per antonomasia, il Palermo. Una vita da centravanti, cominciata realmente come attaccante del Trivigiano, una squadra friulana di Promozione, e proseguita poi con un sacco di dribbling tra i paletti della burocrazia per poter costruire centri commerciali e insediamenti urbanistici.
Che cosa significa essere un imprenditore immobiliare in Italia?
«Significa essere disposti ad affrontare ogni giorno un percorso ad ostacoli. Una maratona tra i cavilli e anche, diciamocelo, tra le idiozie inventate da funzionari zelanti ma ottusi per complicare ciò che negli altri Paesi viene semplificato per metterti in condizione di costruire e di dare lavoro subito. Insomma, la si tira per le lunghe o perché funzionari ingolositi dai quattrini vogliono la loro prebenda per mettere una firma sotto la tua lecita richiesta oppure perché proprio non c'è senso logico nelle leggi e nei provvedimenti che vengono presi dalle istituzioni».
Bruciature patite personalmente?
«Potrei farle decine di esempi ma mi limito ad un paio fra i più eclatanti. Otto anni fa ho rilevato a Grado, nella zona in cui sono nato, un terreno che era già edificabile dal 1984. Ho chiesto tutti i permessi ho presentato il piano di realizzazione con un programma ben preciso per un centro termale che avrebbe attratto e incrementato il turismo in un'area dell'Italia già ben predisposta a questa vocazione e dopo otto anni, ripeto dopo anni, e un investimento di iniziale di 600 milioni di euro non ho ancora potuto cominciare i lavori per costruire. Nel frattempo è arrivata la crisi, le banche hanno stretto i cordoni del credito e io mi sono dovuto mettere a cercare investitori esteri che però, come dar loro torto, vogliono garanzie ben precise e le vogliono da me, visto che dell'Italia, delle nostre istituzioni, non si fidano».
Poi c'è la magistratura che ci mette del suo prestando un'attenzione, diciamo particolare...
«Anche in questo caso non saprei da dove cominciare. Mi limito a dirle che per un centro immobiliare a Benevento sono stato perseguitato per anni da un pm che chiedeva il mio arresto e, alla fine, in appello, sono stato assolto perché il fatto non sussiste. Ma io non accuso i giudici per come si muovono, mi sento invece di contestare loro il fatto che si muovono solo perché sono sensibili alle sollecitazioni di certe frange della politica, costituite da persone che non è che abbiano mai lavorato molto nella loro vita. Gente che si riempie la bocca con parole come ecologia etc. e poi non immagina neanche che per realizzare un centro fotovoltaico in Puglia ci sono volute 24 autorizzazioni».
È questo lo sconfortante quadro in cui rischia di affondare il piano per l'Expo 2015?
«Diciamo che questa è la fotografia realistica di un Paese dove le istituzioni sono impolverate.

Dove non c'è alcuna politica di buon senso, anche quella che il giovane e ottimista Renzi pensa di poter condurre, che riuscirà mai a scalzare quella burocrazia, quello strapotere dei funzionari dei Comuni, delle Regioni, dello Stato che, ogni giorno, distruggono i nostri progetti, le nostre imprese. Vede io dico ai burocrati, attaccati al denaro e alle poltrone: statevene a casa. Vi paghiamo, continuiamo a pagarvi fino alla pensione, ma statevene a casa. Così almeno non fate più danni».

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